Pensione simultanea per due gemelli

UDINE. Inseparabili. Dal giorno della nascita, a quello della pensione, festeggiato in pompa magna oggi al Gervasutta da oltre 200 persone. Li hanno ribattezzati “i gemelli storici”. Enzo e Tullio Beltrame, udinesi nativi di Manzano, nei sotterranei del Gervasutta hanno trascorso una quarantina d’anni di vita dividendo tutto. Sabato sarà il loro ultimo giorno di lavoro, e il personale ha preparato una grande festa stampando anche una pergamena per ricordare quei gemelli che, dal 1972 ad oggi, hanno trascorso buona parte della propria vita sotto le luci del neon fissando lastre «con tante ombre e poche luci».
Ora, complice il tempo, sono diventati “gemelli diversi”, ma in tutti questi anni, pazienti e colleghi li hanno spesso scambiati. E loro non se ne sono mai lamentati, visto che le loro vite sono fluite parallele e si sono sovrapposte sempre.
«Siamo nati il 20 ottobre del 1953 – racconta Tullio – abbiamo frequentato le stesse scuole, dalle elementari all’avviamento, all’istituto di formazione per tecnici di radiologia nel 1972. Siamo stati assunti e confermati dopo un periodo di prova. Abbiamo fatto il militare assieme – chiarisce Tullio – prima alla Sassari di Trieste, poi alla Mantova di Tricesimo. La nostra vita professionale si è svolta tutta al Gervasutta – prosegue Tullio – ma quando eravamo studenti, i nostri genitori ci mandavano a lavorare al pomeriggio: tre ore al giorno alla Sedie Friuli di Fornasarig. Sono bastate per aggiungere anzianità e maturare 41 anni e tre mesi, quelli che ci hanno permesso di andare in pensione assieme».
Prima fidi scudieri del loro maestro, il dottor Tito Tassini, quindi della dottoressa Maria Rosa Annis che ne ha preso il posto, sono diventati un punto di riferimento al Gervasutta sin dal ’72 lavorando prima con il professor Antonio Motta, poi con il professor Pietro Commessatti, continuando, dal 1995, con il dottor Paolo Di Benedetto per concludere la carriera con il dottor Agostino Zamparutti. «Abbiamo sempre cercato di avere una parola di sostegno, di comprensione per i pazienti, per il loro carico di preoccupazioni – racconta Tullio – e il lavoro ci ha dato tante gratificazioni, compresa la volta in cui due suore di clausura veneziane seguite da noi, dopo la convalescenza si sono dimostrate così grate da invitarci al monastero». Nonostante le soddisfazioni professionali, però, entrambi hanno atteso il momento di «lasciare la vita negli scantinati rischiarati dalla luce al neon per vivere all’aria aperta». Così, quando Astrid Burello, cui avevano chiesto di fare un controllo, ha riferito loro che avevano maturato l’anzianità per andare in pensione, non ci hanno pensato due volte. Di cose da fare ora ne hanno tante, a partire dalla determinazione a godersi l’affetto delle figlie, ovviamente due a testa, (Ketti e Luisella per Tullio e Valentina e Martina per Enzo), dedicarsi alla musica (entrambi suonano il sassofono da 40 anni nella banda di Manzano) e ai passatempi (ovviamente comuni).
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