Pensioni a quota 100, in Fvg via d’uscita per 12 mila lavoratori

PER SAPERNE DI PIU':
I numeri
Quanti sono? Difficile dirlo con esattezza e molti, probabilmente non a torto, sostengono che non lo sappia bene neppure il Governo. Qualcuno ha parlato di 350 mila, altri di 650 mila, il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha detto 500 mila. Nel vortice di numeri, l’ipotesi più documentata è quella presentata il 12 novembre alle commissioni riunite di Camera e Senato dall’Ufficio parlamentare di bilancio: la platea di aventi diritto, secondo la relazione presentata alle Camere, è di 437 mila contribuenti attivi, cioè persone che versano i contributi e che attualmente sono al lavoro.
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In Friuli Venezia Giulia
Quanti di questi risiedono in Friuli Venezia Giulia? Applicando a quella platea nazionale la percentuale ponderata di nuove pensioni liquidate in regione nel 2017, distinte per tipo di pensione (vecchiaia e anzianità), categoria di contribuenti (dipendenti privati, pubblici, lavoratori autonomi) e genere, la stima è di quasi 12 mila persone, per l’esattezza 11.700, con i lavoratori del settore pubblico (4.500) addirittura in maggioranza rispetto ai dipendenti privati (4.300) e una forte rappresentanza anche di autonomi (quasi 3.000).
Si tratta di una stima, ma molto vicina alla realtà, perché è ragionevole pensare che la composizione territoriale dei flussi di pensionamento, nel 2019, non farà segnare sostanziali differenze rispetto allo scorso anno.
Previsione difficile
Quello che va chiarito da subito è che al momento si sta ragionando solo su una platea, peraltro impossibile da definire con precisione fino a che la legge e le relative norme di attuazione non verranno messe nero su bianco. Tra i grandi nodi da sciogliere, quello sull’applicazione a quota 100 dei meccanismi di adeguamento all’aspettativa di vita, che dal 1° gennaio (salvo slittamenti) porteranno a 67 anni l’età minima per la pensione di vecchiaia, a 43 anni e 3 mesi l’anzianità richiesta per la pensione anticipata e, presumibilmente, (altro tema molto dibattuto in questi giorni), l’innalzamento a 41 anni e 5 mesi della cosiddetta quota 41, introdotta dal 2017 per i lavoratori “precoci”.
Il beneficio
Salvo adeguamenti all’età già in partenza, che di fatto la trasformerebbero da subito in quota 101, quota 100 potrà essere raggiunta non con qualsiasi combinazione utile di età e anzianità, ma partendo da un doppio requisito minimo, rispettivamente di 62 anni (di età) e 38 (di contributi). Non sarà sufficiente una combinazione dove uno dei due criteri non risultasse soddisfatto, come ad esempio una combinazione di 61 anni di età e 41 di contributi: mancando il requisito minimo di età, un lavoratore in questa situazione (quindi con una quota teorica di 102) non potrà ancora accedere alla pensione.
Nel caso più favorevole, quello di un lavoratore che raggiungesse quota 100 proprio a gennaio 2019, lo “sconto” sarebbe di 5 anni rispetto ai tempi di pensionamento previsti dalla Fornero, che a partire dal 1° gennaio 2019 prevede un’età minima di 67 anni per la pensione di vecchiaia (o in alternativa 43 anni e 3 mesi, quindi 5 anni e 3 mesi in più, per la pensione anticipata). In realtà lo sconto è maggiore, perché nel biennio 2023-2024 la soglia minima per la pensione di vecchiaia salirà a 67 anni e 4 mesi.
La scelta
Per molti lavoratori, in realtà, lo sconto sarà minore, in particolare per quelli che per la pensione attendono soltanto il varo della misura, avendo già maturato nel 2018 o prima ancora i requisiti di quota 100. Quanto alla scelta se accedere o meno al beneficio, dipenderà da molti fattori, a partire da quello economico: dal momento che ogni anno di anticipo dell’uscita, riducendo il montante contributivo, comporterà una riduzione dell’assegno pensionistico, è presumibile che, in presenza di un lavoro non eccessivamente gravoso, un lavoratore preferisca rimandare l’appuntamento con la pensione. Il numero di beneficiari effettivi, quindi, sarà più basso rispetto alla platea potenziale.
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