Perquisizione alla Quiete, s’indaga per truffa all’Inps
UDINE. L’inchiesta è sempre la stessa e i soggetti sotto la lente della Procura anche. Eppure, la documentazione sequestrata ieri mattina, nel corso della perquisizione eseguita dai carabinieri negli uffici della Quiete, questa volta punta a fare luce su un nuovo aspetto. Non più, o non soltanto, i passaggi che hanno portato al fallimento della Promoservice srl - dichiarato con sentenza del tribunale di Udine il 22 novembre 2011 -, bensì la manovra che, all’inizio del 2012, permise alla Fondazione Morpurgo-Hofmann di riassorbirne i lavoratori. Evitando così di lasciare a casa e senza lavoro circa 130 persone.
Sulla regolarità o meno di quell’operazione, ora, gli investigatori intendono fare chiarezza. Delegati dal pm Marco Panzeri, titolare del fascicolo, i carabinieri si sono presentati dal direttore generale dell’Asp, Salvatore Guarneri - in qualità di responsabile della struttura, è bene precisarlo, non essendo in alcun modo coinvolto nelle indagini in corso -, con un decreto di perquisizione, finalizzato a cercare e acquisire carte utili ad aggiungere riscontri al materiale già in possesso degli inquirenti. A quanto appreso, il sequestro ha interessato documenti relativi allo Statuto e alle nomine degli amministratori della Fondazione. Tutte informazioni peraltro pubbliche.
L’ipotesi di reato alla quale la Procura sta lavorando e che vedrebbe una persona già iscritta sul registro degli indagati è quella di truffa aggravata ai danni dello Stato. Nel mirino, dunque, il licenziamento del personale ex Promoservice e la sua immediata assunzione da parte della Fondazione. A non quadrare, in particolare, è la modalità seguita per realizzare la “trasmigrazione” dei lavoratori da un registro paga all’altro. A monte, secondo gli inquirenti, ci sarebbe stato un accordo tra le parti che avrebbe consentito di aggirare la norma sui licenziamenti e di garantire così alla Quiete - cioè al datore di lavoro che della Fondazione si serviva per la gestione del personale - gli sgravi fiscali previsti in caso di assunzione di lavoratori in stato di mobilità.
Ciò che si contesta, insomma, è che attraverso questo escamotage, deciso a tavolino prima di procedere al licenziamento dei lavoratori, l’Azienda di via Sant’Agostino sia riuscita a versare la metà dei contributi dovuti, lasciando la restante parte a carico dell’Inps. Nei mesi scorsi, i carabinieri avevano cercato riscontri documentali negli stessi archivi dell’Istituto previdenziale e in quelli del Centro per l’impiego. Stando alle prime stime, il trucco avrebbe fruttato alla Quiete - con pari danno alle casse dello Stato - un risparmio complessivo di circa 60-70 mila euro al mese. Niente più che ipotesi investigative, naturalmente, a fronte di un’operazione che, al di là della presunta truffa, aveva indubbiamente risolto l’emergenza occupazionale venutasi a creare con la messa in liquidazione, a partire dal dicembre 2010, della Promoservice.
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