Petrosyan: l’Italia che sognavo

Un modo originale per ottenere la cittadinanza italiana? Diventare campioni del mondo di kickboxing. Certo, nemmeno questo è un percorso facile, anzi. Lo dimostra la storia del campione di origine armena Giorgio Petrosyan. L’atleta pluridecorato, nato a Yerevan il 10 dicembre 1985, ha ricevuto soltanto ieri, dalle mani del sindaco Ettore Romoli, il documento ufficiale per meriti sportivi, in municipio a Gorizia: «Sono felicissimo - ha dichiarato -, è uno sogno che si avvera, un momento che attendevo dalla fine degli anni Novanta».
Ed era un sogno per la quale la stessa amministrazione comunale si è spesa, facendo pressioni a Roma al ministero degli Esteri e scrivendo al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. In tutto questo tempo Giorgio ha vissuto in città, allenandosi per tantissimi match in giro per il globo, dove ha conseguito un successo dietro l’altro (e un certo numero di fratture). Gevorg, questo il nome originale, ha vinto il prestigioso torneo K-1 MAX nel 2009 e nel 2010, al tempo la massima espressione del kickboxing sotto i 70 chili. Quest’anno ha conquistato il titolo di campione intercontinentale dei pesi medi ed è sotto contratto con la promozione singaporiana di kickboxing Glory, nella quale ha vinto il torneo 2012 Glory 70 chili Slam. Per i ranking ufficiali è il contendente numero 3 nella divisione dei pesi leggeri. È stato, in definitiva, a lungo considerato il kickboxer più forte al mondo nella sua divisione di peso.
Il suo percorso è interessante anche dal punto di vista umano. Intanto, l’Armenia non è una nazione riconosciuta. Da qui tutti i suoi problemi, che vanno dalle notti passate a dormire in stazione a Milano al ricongiungimento con la sua famiglia, a Gorizia, all’inizio della carriera sportiva, nei primi anni 2000.
A 14 anni Giorgio comincia ad allenarsi nella muay thai e, sebbene trova ostacoli perché ritenuto troppo giovane, riesce ad entrare nella palestra Satori Gladiatorium Nemesis gestita da Alfio Romanut. Combatte il suo primo incontro ufficiale all’età di 16 anni nella categoria sotto i 54 kg. È soprannominato “The Doctor” per i suoi colpi precisi e chirurgici, sferrati con la mano sinistra. La sua è una favola a lieto fine, da condividere con le persone più care. Con lui, infatti, ieri c’erano tutti quelli che gli sono stati vicino in questi anni e che ammirano il suo percorso personale e sportivo. Non potevano mancare il fratello Armen, anch’egli avviato a una luminosa carriera da podio nella stessa disciplina, la sorella Lianna con tanto di pargolo, gli amici e i compagni di squadra del team Satori.
Dopo la cerimonia baci, abbracci e occhi lucidi. La commozione era palpabile. In mano a Petrosyan è rimasta una bandiera italiana, consegnatagli dal sindaco che l’ha salutato con una battuta: «Impara la Costituzione, mi raccomando, che poi ti interrogo». L’atleta, ora, dovrà aspettare di ristabilirsi da un recente infortunio, che lo ha tenuto in panchina per un po’. A gennaio tornerà a combattere e, stando ai pronostici, saranno guai per tutti. O almeno, così ci si augura, anche per rimpolpare di medaglie la bacheca di una città che, nell’ultimo decennio - tra basket, calcio e hockey su pista - ha perso tutto il suo sport d’elite.
Emanuela Masseria
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