Piste e impianti già pronti in vista della nuova stagione

Tutti i progetti presentati da PromoTurismoFvg sono stati realizzati. Gli alberi non saranno sostituiti interamente, ma si valuterà zona per zona
L'assessore regionale alle Risorse agricole, Stefano Zannier
L'assessore regionale alle Risorse agricole, Stefano Zannier

UDINE. Bisognerà tifare per la neve e per le basse temperature, come d’abitudine verrebbe da dire, in montagna, ma per quanto riguarda gli impianti di risalita e il sistema dedicato agli sport invernali le opere sono state completate da tempo.

Per cui il prossimo 1º dicembre, quando al netto di sorprese dovrebbe cominciare la stagione turistica invernale 2019/2020 in Friuli Venezia Giulia, gli sciatori potranno godersi le piste della regione in totale sicurezza.

«Tutti gli interventi richiesti da PromoTurismoFvg sono stati portati a termine da tempo» ha confermato, infatti, il direttore della Protezione civile Amedeo Aristei.

D’altronde vale la pena ricordare come già nello scorso mese di novembre la Regione fosse intervenuta a tempo di record per la messa in sicurezza e il ripristino degli impianti colpiti dal maltempo con una serie di opere andate ben al di là dei 723 mila 500 euro affidati direttamente alle competenze di PromoTurismoFvg che, da par suo, in cinque mesi ha realizzato comunque oltre venti opere in tutti i poli coinvolti dall’alluvione.

Lo scorso anno, in particolare, a essere maggiormente colpiti erano stati i poli di Sappada – con le due seggiovie, quella del Monte Siera e l’impianto di risalita 2000 seriamente danneggiate e alcuni tratti addirittura abbattuti – e quelli di Sauris e Forni di Sopra, Zoncolan-Ravascletto, mentre negli altri – parliamo di Tarvisio, Sella Nevea, Piancavallo, Pradibosco-Prato Carnico – le criticità erano state di minore entità. Una serie di danni, inoltre, erano stati registrati pure sulla pista di fondo “Laghetti di Timau” a Paluzza.

Un altro discorso, invece, riguarda la ripiantumazione degli alberi. Il conto delle riparazioni, una dozzina di mesi fa, presentato dall’assessore alle Risorse Agricole Stefano Zannier era stato impietoso con quasi un milione di metri cubi di legname caduto a terra e un danno stimato in circa 110 milioni di euro.

Una cifra rilevante che però, a differenza di quanto si potrebbe pensare, aveva nei fatti interessato soltanto l’1% del patrimonio boschivo del Friuli Venezia Giulia considerato come la furia del vento avesse colpito 3 mila dei 360 mila ettari delle nostre foreste.

Al di là dell’eliminazione del materiale caduto a terra, la questione in questi mesi ha riguardato le scelte da effettuarsi post-emergenza. Cioè, volgarmente, se ripiantumare completamente le aree oppure no. La scelta alla fine, come spiegato da Zannier, è stata un sorta di compromesso.

«Una delle strategie più opportune – ha detto l’assessore – è quella che sostiene come non si possa intervenire a 360 gradi nella stessa maniera anche perché il recente passato ci ha dimostrato come, spesso, i risultati non siano stati consoni alle aspettative».

Questo perché «le situazioni cambiano da caso a caso e molte volte, per quanto ovviamente si parli di decenni di attesa, è meglio lasciare fare alla natura piuttosto che intervenire artificialmente».

Applicando, perciò, il concetto al Friuli Venezia Giulia, questo porta Zannier a spiegare come «valuteremo la situazione non soltanto caso per caso, ma particella per particella» in modo tale da trovare «le migliori soluzioni possibili».

Per quanto riguarda, invece, la mole di interventi realizzata in meno di sei mesi, Zannier ha voluto sottolineare la bontà del «gioco di squadra» evidenziando anche una serie di «opere che ci hanno permesso di raggiungere velocemente territori altrimenti isolati».

Pollice alto, infine, anche dal titolare della delega all’Ambiente Fabio Scoccimarro. «Il lavoro svolto è stato encomiabile – ha sostenuto l’assessore – per far fronte a una situazione che ha rischiato di essere ancora peggiore di quello cui abbiamo assistito se pensiamo che le due bombe d’acqua scatenatesi in montagna a distanza di 12 ore sono state, come quantità, peggiori di quelle che portarono all’alluvione del 1966 a Latisana».

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