Più casi, ma sono meno gravi: la situazione in regione non è come in primavera

UDINE. Da lunedì a lunedì, la settimana che si è chiusa domenica ed è ricominciata due giorni or sono, ha fatto segnare, in Italia e in Friuli Venezia Giulia, il record dei nuovi contagiati portando un paio di Regioni maggiormente sotto stress – Lombardia e Campania – a scegliere la via del coprifuoco notturno e il Governo a varare due nuovi Dpcm. I numeri, infatti, testimoniano la crescita dei contagi, ma allo stesso tempo una situazione che – almeno al momento – non può essere paragonata, come gravità dei casi registrati e trend, a quella della scorsa primavera. Perché anche in questo caso parlano le cifre e paragonando il trend attuale, o meglio degli otto giorni compresi tra 12 e 19 ottobre con all’interno il boom dei contagi, a quella tra il 22 e il 30 marzo, quella che segnò il vero allarme rosso in Italia con il record di morti e positivi, si scopre che le differenze ci sono eccome. E non paiono essere banali.

Nel periodo in cui il Paese affrontava la seconda e terza settimana di lockdown, vero e nazionale, in Friuli Venezia Giulia si registrarono 627 casi di positività al coronavirus con una media 78 contagi al giorno. Le capacità di analisi della Regione, però, erano decisamente limitate se pensiamo che in quel lasso di tempo vennero elaborati appena 7 mila 247 tamponi, con una media di 905. In quegli otto giorni, inoltre, le Terapie intensive degli ospedali videro aumentare di 13 persone i ricoverati, i reparti di Malattie infettive crebbero di 59 pazienti e si registrarono ben 60 decessi in poco più di una settimana a fronte di 196 guariti.

Il tasso di positivi in relazione ai tamponi, quindi, fu pari all’8,65% quello dei ricoveri sui positivi del 9,40% e la percentuale dei pazienti in Intensiva sul numero complessivo dei casi del 2,07%.
Quasi sette mesi dopo quel periodo, con l’estate di mezzo, la realtà regionale è però diversa. Tra il 12 e il 19 ottobre, infatti, in Friuli Venezia Giulia si sono registrati 933 contagi, comprensivi del picco di mercoledì scorso con 182 nuovi casi in un giorno solo, e una media quotidiana di 116.

La capacità di effettuare tamponi delle Aziende, però, è decisamente diversa e, nei fatti, si è quadruplicata arrivando a 27 mila 47 tamponi in otto giorni con una media di 3 mila 380 sulle 24 ore. Nello stesso periodo considerato, inoltre, i reparti di Terapia intensiva sono aumentati di 8 unità, quelli di Malattie infettive di 48 a fronte di 8 nuovi decessi – e 129 guariti – con un’età media delle vittime di poco meno di 85 anni.
La percentuale di positivi sui tamponi, in sintesi, è stata pari al 3,44% quella dei ricoveri in relazione ai nuovi casi del 5,1%, mentre i pazienti in Intensiva rapportati al numero complessivo dei contagi sonostati il 2,07%.
Interessante, andando oltre, è anche l’analisi della situazione generale in Italia, tenendo in considerazione come in questo caso il Paese in passato abbia scontato la situazione particolarmente pesante della Lombardia e, attualmente, quella altrettanto preoccupante di Milano e anche della Campania. In linea generale, in ogni caso, negli otto giorni presi in considerazione a marzo i casi furono 42 mila 601 a fronte di 218 mila 957 tamponi con una percentuale di positivi pari al 19,45%. Soprattutto, però, in quel periodo si contarono 972 nuovi ricoveri in Terapia intensiva – con un’incidenza del 2,28% sui nuovi casi – e ben 6 mila 115 morti.
Nel corso dei mesi, però, la capacità di screening delle Regioni è cresciuta fino a sfiorare il milione di tamponi in otto giorni che a fronte dei 64 mila e 9 contagi paralleli – senza alcun lockdown in corso e con le persone quindi libere di muoversi e socializzare – portano il tasso di positività al 6,47%. Le Terapie intensive, inoltre, sono aumentate di 345 pazienti – con la percentuale dello 0,53% sui nuovi casi –, gli altri reparti di 3 mila 200 ricoverati e si sono registrati complessivamente 411 ulteriori decessi.
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