Pizza e gelato fai da te: l’ex operaio in Zanussi ha sfondato
PORDENONE. Era partito come assistente nel reparto verniciatura della Zanussi, si era messo in proprio impiantando un’aziendina che, oggi, subite alcune trasformazioni e innovazioni societarie, fattura milioni di euro.
E sta per presentare alla fiera specializzata di Milano due brand innovativi: le macchine della pizza e del gelato “fai da te”. Lui è Carlo Bellotto, 72 anni, di Fiume Veneto, titolare della Pizza Group srl, con sede nella zona industriale del Ponte Rosso, a San Vito al Tagliamento.
Si era diplomato perito industriale a Belluno: «A Pordenone il corso – racconta – sarebbe partito l’anno successivo e avrei dovuto perdere un anno».
Entrato in Zanussi nel 1963 come assistente nel reparto verniciatura, «dopo 18 mesi sono volato negli Usa, ma non mi piaceva il tipo di vita oltreoceano, incentrato solo su soldi e lavoro».
Tornato in Italia, nel 1965 viene riassunto in Zanussi, caporeparto, per sette anni, della meccanica, quindi agli stampaggi, a Maniago. Nel 1974 fonda la Apr, mission, la costruzione di macchine speciali per la Zanussi e alcune società tedesche, una decina di dipendenti.
«Grazie al commercialista Luigi Moras ottenemmo un finanziamento da Friulia e il permesso di costruire un capannone a San Vito al Tagliamento. Partimmo in tre, indebitati sino all’osso del collo. Nel 1982 due imprenditori escono dal capitale sociale, acquisito dal Gruppo Ruffati. Ho avuto comunque ampia libertà di azione, prima come terzista, poi, le macchine dilaminatrici, le ho messe direttamente sul mercato. Diversificando: i forni, i tagliaverdure, varie attrezzature».
Apr srl nasce ufficialmente nel 1985. Dieci anni dopo, Carlo Bellotto si stacca («stragobbi, abbiamo lasciato tutto») e parte la sua avventura con la figlia Alessandra, «che da quando aveva 15 anni bazzicava in azienda, anche durante le vacanze»: nasce Pizza Group srl, in un capannone di via Valcunsat, a Casarsa.
L’obiettivo?
«Costruire macchine per la ristorazione, in particolare per pizzerie, concentrandoci sul mercato estero. Oggi, grazie a 39 dipendenti, lavoriamo con 72 Paesi e il nostro fatturato, partito quasi da zero, si attesta sugli 8 milioni di euro, con ampi margini di crescita. La sede attuale, nella zona industriale Ponterosso, la rilevammo da un fallimento nel 2000».
Come fa sfidato concorrenza e crisi?
«Potenziando, in azienda, il settore ricerca e quello commerciale. Sviluppando due nuovi brand, per la pizza e per il gelato, che, in ottobre, presenteremo alla Host di Milano».
La ripresa c’è?
«Non la vedo. Rispetto all’anno scorso mancano i pianti. Forse ci siamo abituati alla nuova realtà, sappiamo quanto sia difficile portare a casa denaro».
Ovvero?
«Prima di tutto, è difficile essere pagati. Alcuni si nascondono dietro la mancanza di liquidità, altri si fanno scudo della parola crisi. In realtà, saldare i propri debiti in ritardo è diventato un cattivo stile, purtroppo tutto italiano. Sino a qualche anno fa, magari, i clienti si scusavano, ora danno per scontato che pagheranno “più avanti”. E magari ti senti pure dire: se non mi mandi altro materiale, non ti pago il precedente. Capito? Non quello nuovo, il precedente».
Eccoci al jobs act.
«Qualche elemento positivo è stato introdotto. Noi, però, lavoriamo per mantenere il personale, non per incrementarlo. Puntiamo su due nuovi brand, avendo presente che la concorrenza è spietata».
Se fosse premier cosa farebbe?
«Un bel taglio alla spesa pubblica. Sui “palazzi romani” la mia opinione non è diversa da quella di molti cittadini. Sa che per esportare la merce – e noi esportiamo il 95 per cento del nostro prodotto – è un’avventura tutti i giorni? Bravi coloro che se ne devono occupare: è una guerra quotidiana. Altro che semplificazione».
Cosa significa essere imprenditore oggi?
«Un grosso rischio. Ma puntiamo all’innovazione, navigando in questa Italia... Occorre sempre proporre cose nuove. Sono fortunato perché sono un curioso».
Ha mai pensato di mollare?
«Sei anni fa la cessione era di fatto già avvenuta. La notte precedente la firma, però, ho strappato i documenti. Non ce l’ho fatta: l’azienda è come una creatura, dove ci trascorro tutta la giornata. Il bello è che tutta questa vita mi dà ancora soddisfazioni».
Ad esempio?
«L’indipendenza. Quand’ero all’inizio ed ero lavoratore dipendente, arrivato a Ponte Meduna cominciavo a pensare che dovevo timbrare il cartellino... E fare 60 ore di straordinario che, il caporeparto, come allora era consuetudine, tagliava, lasciandone una decina. Il resto... in cavalleria. Non era la mia vita, no, quella, ma quelle esperienze sono servite, come a tanti altri, a farmi le ossa».
Parliamo dei nuovi prodotti. Con i vostri brand sarà possibile farsi pizza e gelato.
«L’azienda compie trent’anni. Abbiamo deciso di accelerare ancora, sviluppando due nuovi brand innovativi per ciò che riguarda il risparmio energetico, la facilità di conduzione e l’affidabilità, con nuovi marchi e sistemi depositati, che dovrebbero portarci ad aggredire il mercato mondiale del settore. Li presenteremo alla Host di Milano».
Qualche anticipazione?
«“Pizz’ammore” e Ice farm, i nomi. La prima, siamo dei pionieri, è un composto di macchine e strumenti per farsi la pizza da soli. Il cliente ritira la pasta (ci sarà anche la versione per celiaci), ci mette gli ingredienti che desidera attingendo da vari contenitori e li pesa, inserisce in forno e, dopo due minuti, la pizza è pronta».
Niente personale?
«Solo alla cassa».
La seconda?
«La gelateria self service è più prevedibile. Il cliente sceglie dagli erogatori i gusti che desidera: con tre tipi di mobile si compone una gelateria di servito fresco. Ciò che mi preme evidenziare è che si tratta di macchine ideate, progettate e prodotte qui, in azienda. E sono destinate prevalentemente a centri commerciali, luoghi di aggregazione importanti, ristorazione. Un gruppo cinese, che arriverà a San Vito a metà luglio, ci ha già messo gli occhi sopra, a questi brand».
Torniamo a lei.
«Mia figlia Alessandra sta operando in tutto il contesto aziendale. Prima o poi, vorrei sfruttare la pensione».
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