Pnlegge, la malattia mentale secondo Recalcati

Anche quest’anno è stato invitato a PordenoneLegge per tenere due conferenze

PORDENONE. Anche quest’anno Massimo Recalcati è stato invitato a PordenoneLegge per tenere due conferenze: Elogio del leggere, sabato 17 alle 15 mentre alle 19 ha presentato il suo nuovo libro “Lacan. La clinica psicoanalitica: struttura e soggetto”, seconda uscita per Recalcati sul suo maestro Jacques Lacan; la prima avvenuta nel 2012 intitolata “Lacan. Desiderio, godimento e soggettivazione”.

Attraverso la conferenza lo psicoanalista ha trasmesso la visuale lacaniana della malattia mentale, esplorando i disturbi principali della psiche, spiegando la struttura delle psicosi e delle nevrosi.

Ogni persona ha una storia diversa da chiunque altro perciò caratterizzata da una struttura singolare, quindi lo psicoanalista ha il compito di prendere in considerazione le particolarità del paziente all’interno della malattia.

Quando si parla di disturbi mentali bisogna considerare la biforcazione tra psicosi e nevrosi.

La prima è causata da una forclusione, ossia dalla cancellazione definitiva di un evento dalla memoria psichica, fino alla produzione di una psicosi, quindi si crea una discontinuità strutturale dell’Io.

Per Freud la nevrosi è caratterizzata dalla rimozione della realtà, quindi una sopraffazione delle pulsioni e un indebolimento della realtà.

Recalcati ha esposto alcuni esempi tipici di questi due disturbi.

Partendo dalla follia, denominata da lui “anima Van Gogh”, ha spiegato come chi ne soffre pensa di non avere un’identità, creando una frammentazione della persona.

La psicosi schizofrenica è caratterizzata da una difficoltà nella distinzione di ciò che è esterno e interno al mondo che ci circonda, provocando l’assenza dell’Io.

Questa patologia si potrebbe definire liquida, frammentaria, in quanto chi ne soffre ha un’identità scomposta.

Secondo Lacan la vera follia è quella che da Recalcati è stata definita “follia Hitler”, cioè di chi pensa di avere un compito nel mondo.

La paranoia, a differenza della patologia precedente, è solida, in quanto il paziente crede di essere un Io.

Il paranoico è sempre innocente e colpevolizza gli altri. Il compito dello psicoanalista è proprio quello di andare a corrompere l’anima “bella” e innocente, rendendolo consapevole del fatto che è lui a permettere che gli altri lo facciano soffrire.

In seguito il relatore ha esposto le due patologie nevrotiche più diffuse: l’isteria e la nevrosi ossessiva.

La prima, più diffusa nel genere femminile, si manifesta attraverso il sintomo, che funge da metafora della malattia.

Il paradosso dell’isterica/o è il mantenimento costante del proprio desiderio senza mai appagarlo, in quanto l’appagamento farebbe perdere l’interesse dell’oggetto desiderato. Quindi il desiderio per un oggetto è mantenuto dall’assenza.

La domanda che ricorre più frequentemente tra le donne che ne soffrono è “sono un uomo o una donna?”, interrogandosi così sul significato dell’essere donna, creandosi una “uomosessualità”. La donna isterica guarda le donne cercando su esse ciò che le è mancato durante la speculazione con la figura materna, quindi ricercano nelle donne la femminilità, dimenticando che quest’ultima è unica e del dettaglio della donna e non delle donne in generale.

Quando si parla di nevrosi ossessiva, ci si addentra in una patologia prevalentemente maschile, caratterizzata dalla ricerca di un padrone da soddisfare, vivendo la propria vita “in panchina”. L’ossessivo ha paura del rischio, ha timore di non farcela, ha un complesso di impotenza.

Vive coltivando il desiderio della morte del suo padrone, in quanto non gli permette di vivere la propria vita.

Chi soffre di questa patologia ama le donne nella misura da lui determinata, in quanto raffigurano il disordine nella loro vita, quindi l’ossessivo cerca di mortificare il desiderio e di distruggere la vitalità dell’altro.

La domanda che un nevrotico ossessivo si pone è “sono vivo o sono morto?”, calcolando i giorni che gli rimangono da vivere. Usa così la morte contro la vita, causando una desensibilizzazione. A questo punto il malato è percosso dai sensi di colpa e si fa perdonare dal partner in seguito alla sua mortificazione. In questo modo si crea una circolarità viziosa dalla quale è difficile uscire.

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