Pochi neo laureati all’estero: dall’Università di Udine niente fuga dei cervelli
A un anno da
l completamento degli studi se ne va dall’Italia solo il 3,1% dei ragazzi. Tra questi, numeri più alti nell'area matematica e informatica, prossimi allo zero per giuristi e mediciCervelli in fuga? Non subito dopo la laurea, e di certo non dall’università di Udine. Tra i 2.827 studenti che si sono laureati nell’ateneo friulano nel 2023 soltanto il 3,1%, ossia meno di 90 persone, lavorano all’estero a un anno dal completamento del percorso di studi. La percentuale aumenta prendendo in considerazione solo chi ha conseguito la laurea magistrale, completando quindi il percorso dopo il triennio, ma i numeri restano comunque contenuti: su 756 laureati solo il 5,3%, cioè 41 persone hanno trovato un’occupazione fuori dai confini italiani.
E se è vero che le dimensioni della fuga dopo la laurea all’università di Udine sono più bassi della media nazionale, va detto che anche prendendo in considerazione tutti gli atenei le percentuali non sono molto più alte: lavora all’estero a un anno dal titolo accademico il 3,9% dei 279.008 laureati a livello nazionale, percentuale che sale al 5,5% considerando solo le lauree magistrali (93.474).
Insomma, la fuga non sembra concretizzarsi subito dopo la laurea. Chi decide di lasciare il Paese, lo fa, evidentemente, più tardi. A certificarlo è un’indagine condotta dal professore della stessa università di Udine, Marco Sartor che ha intervistato tutti i laureati dal 2015 al 2023.
L’esodo
Secondo i dati della Cgia di Mestre ogni anno oltre mille giovani laureati – 1.284 nel 2022– lasciano il Friuli Venezia Giulia per approdare in altri Paesi europei ed extraeuropei, un dato che evidenzia l’emorragia di cervelli, formati in Italia e poi sottratti al ruolo di impulso per lo sviluppo economico e sociale. E non si tratta di un fenomeno recente. Tra il 2011 e il 2023, sono 30 mila i giovani dai 18 ai 34 anni che hanno lasciato il Friuli Venezia Giulia per andare a lavorare o a specializzarsi all’estero.
Si sono diretti soprattutto in Germania, Francia, Svizzera, Spagna, Regno Unito. E il 51 per cento, quindi poco più di 15 mila persone, era laureato secondo quanto emerso con l’indagine “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero. Propensione e motivazione”, realizzata dalla Fondazione Nordest. Quindi la fuga c’è ma forse matura dopo i primi tentativi, evidentemente non soddisfacenti, di trovare un’occupazione in Italia.
L’indagine
Il professore Sartor, delegato dell’ateneo per il job placement e i rapporti con le imprese, per avere a disposizione un quadro preciso della situazione ha interpellato tutti i laureati dal 2015 a oggi, circa 25 mila persone. «Il tasso di risposta – sottolinea – è stato superiore al 70%. Questo campione si può quindi considerare ricco e rappresentativo soprattutto se confrontato con quelli solitamente utilizzati nelle indagini anche a livello nazionale».
I medici non emigrano
L’analisi di Sartor non si è limitata a considerare il numero complessivo dei laureati ma ha preso in esame anche l’andamento dell’emigrazione a seconda del dipartimento di appartenenza. Il che ha permesso di ricavare diverse informazioni utili sull’identikit dei cervelli che lasciano il Paese e delle professioni che invece trovano una sistemazione soddisfacente in Italia.
Tra i dipartimenti dell’Università di Udine, i flussi migratori verso l’estero più consistenti riguardano i laureati in informatica (tra i laureati del 2023 nel dipartimento di Scienze matematiche e informatiche il 6,2% dei laureati lavora all’estero a un anno dalla laurea), seguiti da quelli con studi umanistici (i dati del dipartimento di Studi Umanistici arrivano al 5%) e da quelli in lingue (dipartimento di Lingue e Letterature: 4,9%).
Al contrario, percentuali prossime allo zero si registrano per i giuristi (tra i laureati nel 2022 del dipartimento di Scienze Giuridiche la percentuale di chi emigra si ferma al 2,8%) e per i laureati in area medica (dipartimento di Medicina: 0,4%). I laureati in economia del 2023 che lavorano all’estero a un anno dalla laurea sono il 3,8%, mentre tra gli ingegneri la percentuale è del 3,1%.
«Non stupisce - sottolinea Sartor - che i settori maggiormente legati a contesti internazionali come le lingue e i settori che non conoscono barriere linguistiche come l’informatica siano quelli dove si registra una maggior propensione alla mobilità estera. Tra i medici invece la percentuale di chi lascia l’Italia è quasi nulla perché evidentemente tutti trovano una sistemazione professionale appagante in Friuli Venezia Giulia o comunque in Italia. Bassa anche la percentuale dei giuristi perché ovviamente le leggi all’estero sono diverse».
Andamento costante
Per quanto riguarda l’andamento temporale, l’emigrazione di giovani verso l’estero non registra un aumento rispetto al passato. Il record si è avuto nel 2016, con il 6% dei laureati dell’università di Udine attivi all’estero a un anno dalla laurea. «Durante il periodo della pandemia causata dal Covid 19, come prevedibile - aggiunge Sartor -, questo dato si è contratto fortemente, toccando valori prossimi al 2% (precisamente il 2,7% nel 2020 e il 2,3% nel 2021), per poi risalire fino all’attuale 3,1%, valore registrato sia nel 2022 che nel 2023. Tale andamento evidenzia, nei fatti, una relativa stabilità nei flussi migratori post-pandemia, in linea con un generale ritorno alla normalità nei mercati del lavoro internazionale».
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto