Sanzionato dal ministero perché vende olio e arance del padre: poliziotto scagionato dal Tar
L’uomo, agente scelto della questura udinese, aveva ricevuto un provvedimento disciplinare ma per i giudici l’attività svolta era sporadica e non professionale
Tra il gennaio e il marzo 2022 aveva dato una mano al padre, titolare di un’azienda agricola, per la vendita di arance e olio d’oliva. Ma per il suo datore di lavoro, e cioè il ministero dell’Interno, questa attività non poteva essere svolta.
Per questo l’agente scelto della polizia di Stato in servizio alla questura di Udine è stato oggetto di un provvedimento disciplinare con una sanzione pari a quattro trentesimi della mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo. L’uomo, assistito dagli avvocati Simonetta Rottin e Nausicaa De Nicolo, ha fatto ricorso al Tar Fvg ottenendo l’annullamento del procedimento disciplinare.
Come sostenuto dall’accusa (sono state svolte accurate indagini sul caso da parte della Digos di Udine), l’agente di polizia, «libero dal servizio, svolgeva, unitamente al proprio genitore, titolare di azienda agricola, tra il gennaio e il marzo 2022, attività commerciale a Udine e provincia, consistente nella vendita al dettaglio, sulla pubblica via e in luogo privato, di arance e, in via residuale, di olio d’oliva, per certo a 23 appartenenti alla polizia di Stato, 3 militari dell’Arma dei carabinieri e 3 cittadini, incassando, anche di persona, le somme di denaro quali corrispettivo della vendita di merce».
«Per detta finalità – si legge nelle motivazioni della sanzione – richiedeva e godeva di giorni e orari di servizio tali da consentire e agevolare l’attività commerciale con quella di servizio, curando in prima persona le prenotazioni, procurandosi un mezzo idoneo al trasporto della merce ed effettuando personalmente la consegna, anche durante l’orario di lavoro, presso gli uffici e i reparti della polizia di Stato di Udine e provincia».
Nel ricorso si evidenzia come l’agente non ha intrapreso alcuna attività imprenditoriale, essendosi limitato, per un breve periodo di tempo, ad aiutare il proprio genitore. Nello specifico, come messo in evidenza dal Tar, «si è limitato a coadiuvare il padre nel ricevere, in un periodo ben limitato nel tempo, alcuni ordinativi da parte dei colleghi, nell’effettuare saltuariamente alcune consegne di cassette di arance e nell’incassare, in taluni sporadici casi, il prezzo di vendita».
Fatte queste considerazioni i giudici del tribunale amministrativo hanno chiarito come l’attività posta in essere dall’agente non vada qualificata nei termini di attività imprenditoriale e quindi, come tale, non sia soggetta a divieto. Non solo, il Tar ha sottolineato «l’incontestata natura gratuita delle azioni svolte, evidentemente effettuate a scopo di aiuto del padre, le cui condizioni di salute si erano recentemente aggravate».
Da qui la scelta dei giudici di accogliere il ricorso con l’obbligo del ministero di restituire le somme trattenute per la sanzione.
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