Armando, vigilante della vita: il suo lascito di impegno e cura
Sant’Antonio ha dato l’ultimo saluto a Martorello, colonna del Ceolini. Aveva sempre la citazione giusta: le sapeva tutte, senza averle studiate

Armando Martorello aveva portato il sole della sua Calabria in Friuli. Aveva costruito casa e trovato l’amore. Di giorno la moglie Bruna Lucito lavorava alla Zanussi, di notte lui sorvegliava lo stabilimento.
Guardia giurata di una fabbrica, ma non solo. Armando, a modo suo, era un vigilante della vita. Nelle stanze di casa, dove aveva cresciuto tre figli a pane e valori; nel suo quartiere dove, insieme a un irripetibile gruppo di vicini, aveva reso via Rovigo, a Sant’Antonio di Porcia, un crocevia di amicizia, arte, giochi e solidarietà; nei rapporti con le persone. Era come se le sapesse tutte, Armando, pur senza averle studiate. Un solutore più che abile del Bartezzaghi che sa essere, per molti, l’esistenza.
Non c’era un colloquio, uno scambio di opinioni, da cui non si uscisse arricchiti. Non pescava la citazione giusta, Armando, illuminava la via, per dono naturale, forse senza nemmeno rendersene conto fino in fondo. Taumaturgo dell’anima anche con l’esempio. Perché quando il pensiero è dritto e l’azione è coerente, non esistono deviazioni dalla via maestra.
Gli piaceva lo sport. Quello sano, il calcio di una volta. Poche regole chiare arbitrate dall’onore, un modo sano di riempire il tempo libero. Così si era avvicinato a una squadra che giocava vicino a casa, il Ceolini, e ne era diventato il custode. Era partito dalle cose più semplici, tirare le righe del campo.
Lo faceva con una cura che era diventata, nel tempo, la più grande alleata dell’allenatore di turno. Il messaggio, tacito, diceva: «Qui si fa tutto con serietà. Chiunque, in questa squadra, gestisce quanto gli viene affidato dando il massimo». Spesso andava a prendere i ragazzi per gli allenamenti e li riaccompagnava a casa. Quando qualcuno eccedeva, Armando ne diventava il confessore naturale. L’equilibratore fra successi e insuccessi, gioie e dolori. Chiunque al Ceolini, fino a quando Armando ha frequentato società e spogliatoio, ha potuto contare su un secondo papà. Donata, Catia e Michi, invece, ogni giorno in casa su quello vero.
E nella scuola, nella capacità di capire e curare il prossimo, nel turismo e in tutte le arti che hanno potuto apprendere e modellare anche grazie al lavoro e ai sacrifici di Bruna e Armando continuano a essere degni di loro. Hanno aiutato famiglie e ne hanno create altre. Sono stati, sono e saranno la dimostrazione che lui c’è ancora.
Ieri a Sant’Antonio, nell’ultimo saluto, era come se la chiesa fosse circondata dalle linee bianche candide tirate da Armando al campo del Ceolini. Si respiravano cura e gratitudine. Per il dono della vita e per come questa persona speciale l’ha saputo valorizzare.
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