Pordenone, Agrusti a processo per frode fiscale

Schermaglie con l’Agenzia delle entrate, parte civile. Rinotificate le cartelle esattoriali contestate: 6 milioni 755 mila euro

PORDENONE. E’ cominciato mercoledì, davanti al giudice monocratico di Pordenone Eugenio Pergola, il processo per la presunta frode fiscale a carico del presidente di Unindustria, Michelangelo Agrusti, e altri sei tra dirigenti e dipendenti della fallita Onda Communication spa. L’ex leader democristiano era l’unico presente in aula.

L’Agenzia delle entrate – sulla cui costituzione di parte civile con l’avvocato dello Stato Lorenzo Capaldo tutti i legali si sono opposti, ma è stata accolta dal giudice – rilancia: ha rinotificato gli avvisi di accertamento milionari alla società, dichiarata fallita il 19 novembre 2013.

Abito marrone, camicia azzurra, il presidente di Unindustria, 61 anni, di Casarsa, ha assistito all’udienza accanto al suo avvocato, Bruno Malattia, in primo banco, sino alle 14.30. Poi si è scusato: «Devo partecipare a un vertice con i lavoratori della Ideal Standard».

Con lui sono imputati Giuseppe D’Anna, 51 anni, di Trieste, consigliere e poi delegato firmatario della dichiarazione 2011 in qualità di liquidatore, Sergio Vicari, 66 anni, di Cittaducale, socio e amministratore di fatto, poi consigliere e delegato, Giorgio Costacurta, 65 anni, di Pordenone, consigliere, poi socio e amministratore di fatto, Renato Tomasini, 50 anni, di Trieste, direttore commerciale e poi generale, Giuseppe Zacchigna, 42 anni, di Monfalcone, impiegato dell’ufficio vendite, e Paola Piva, 40 anni, di Fiume Veneto, impiegata all’ufficio acquisti e logistica.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con l’avvocato dello Stato nei confronti di tutti gli imputati. «Ha mandato dalla presidenza del Consiglio, ma non dal dirigente.

Non può pretendere un risarcimento, visto che ha emesso nuovi avvisi di accertamento: la sede competente è la commissione tributaria, non il giudice penale», hanno detto i difensori invocando la mancata legittimazione. «Non cerchiamo di recuperare il credito evaso - ha replicato la parte civile, poi ammessa – ma di tutelare il leso diritto di credito dello Stato».

Ha quindi citato recenti sentenze della Cassazione, come la controversia tra Dolce & Gabbana e il Fisco.

Il pubblico ministero ha depositato tre faldoni e sei scatoloni di documenti, parte degli atti sono stati contestati dalle difese: «Verbali di sit e annotazioni di pg, non costituiscono il fascicolo dibattimentale». Il giudice si è riservato di ammettere le prove d’accusa nella prossima udienza.

Poi, tutti hanno depositato la loro lista testi: il pm ha chiesto di interrogare Zacchigna, Costacurta e Piva; viceversa, anche Agrusti, attraverso il suo legale, ha chiesto di essere interrogato. Nella prossima udienza, il 4 novembre, saranno sentiti i primi tre testi: il comandante del Nucleo di polizia tributaria e due finanzieri.

Quanto ai rinnovati avvisi di accertamento – i precedenti, che avevano poi inciso sul fallimento, erano stati annullati dalla commissione tributaria provinciale per leso diritto di difesa – l’Agenzia delle entrate ricontesta un milione 904 mila 685 euro di maggiore Iva nel 2010 e 565 mila 452 nel 2011, con sanzioni rispettivamente di 2,857 milioni e 1,427 milioni.

In tutto, quindi, il Fisco pretende dalla curatela fallimentare 6 milioni 755 mila 657 euro.

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