Pordenone, Alessandro Santin dal pm contro Pedrotti

L’imprenditore perde al Tar, ma presenta un esposto in Procura per denunciare il comportamento di sindaco e funzionari
PORDENONE, CONSIGLIO PROVINCIALE
PORDENONE, CONSIGLIO PROVINCIALE

PORDENONE. Un esposto contro il sindaco Claudio Pedrotti e contro i tecnici dell’ufficio urbanistica (Antonio Zofrea e Luciano Jus) per omissione d’atti d’ufficio. E’ questo l’ultimo atto – ma solo in ordine di tempo – di una battaglia che l’imprenditore Alessandro Santin sta conducendo contro l’amministrazione di Pordenone.

Una battaglia, a suon di lettere dell’avvocato, carte bollate e anche tribunali. Proprio ieri il Tar ha pubblicato la sentenza, che rigetta il suo ricorso, nell’ambito del contenzioso con il Comune. Nel frattempo Santin ha depositato l’esposto al procuratore della Repubblica e annuncia già ricorso in Consiglio di Stato.

La vicenda è complessa e al di là del danno materiale secondo Santin è emblematica di una condizione vissuta e condivisa da molti: «Le imprese devono abbandonare il territorio a discapito di Pordenone che sta, anche per questo motivo, vivendo una crisi molto più dura e lunga rispetto alle altre città del Nordest. Una città senza l’azione di un sindaco diventa una giungla in cui prevalgono anarchia soprusi e illegalità».

La vicenda parte dalla ristrutturazione di un immobile (ad uso abitativo e commerciale), situato in via Mestre, per il quale il Comune aveva rilasciato una concessione nel ’96. Con la ristrutturazione viene realizzato un impianto di riscaldamento progettato da un professionista.

L’immobile riceve l’abitabilità ma nel giugno del 2014, a seguito di un controllo, i tecnici del Comune giudicano l’impianto di ricaldamento per i vani del piano terra fuori norma. Santin deve chiudere il riscaldamento in quei vani, ma questo di fatto non consente più di riscaldare l’edificio raggiungendo la temperatura minima: l’impianto non rispetta più i requisiti della legge 10/’91 in materia di risparmio energetico. Il danno è immediato – sia per chi è all’interno sia qualora si ipotizzi una vendita – e genera una serie di botta e risposta tra la proprietà e gli uffici. «Ho chiesto più volte al sindaco di convocare una riunione per trovare una mediazione, una soluzione. Non mi ha mai risposto».

Il Comune, si legge nell’esposto, dice all’imprenditore che deve fare modifiche, ma non quali, per mettersi in regola. A quel punto Santin chiede il rispetto della legge e quindi al sindaco (che è responsabile della procedura) di incaricare un tecnico per: verificare la sussistenza dell’abuso, dare indicazioni su come superare l’irregolarità, imporre la sanzione. La tesi è: se si è effettivamente trattato di un abuso, il Comune dovrebbe sanzionare il privato.

Il sindaco dapprima incarica lo stesso tecnico che aveva accertato l’irregolarità (Ius), salvo poi affidare la pratica a un altro (Zofrea) nel momento in cui la controparte evidenzia l’inopportunità della scelta. Risultato: nessuna sanzione e nessun sopralluogo, pratica archiviata.

Secondo Santin questo non risponde alle disposizioni della legge 10, da qui l’esposto in Procura in base all’articolo 328 del codice penale.Laconica la replica di Pedrotti. «Prendo atto dell’esposto così come del fatto che il Tar ci ha dato ragione». Ma la battaglia è appena all’inizio. Non è per altro la prima che la famiglia Santin affronta contro il Comune. Nel 2013 in Cassazione, si è chiusa – a favore dei Santin – una causa nel 1990 per una rampa d’accesso all’albergo. Ci sono voluti 23 anni.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:lavoro

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto