Fonovaligie, giradischi e amarcord: la collezione e la memoria in musica del cavaliere Giorgio Pitton

I ruggenti anni sessanta rivivono nella sua casa-laboratorio: figlio del carrozziere Vittorio, coltiva anche la passione per l’aeromodellismo

Ilaria Purassanta
Il cavalier Giorgio Pitton con una fonovaligia Stereophon, sulla parete alcuni aeromodellli. Dall’alto, la serie Sagittario della Lesa di Milano, il Lesa-Siprel del 1952 e alcune mini-radio
Il cavalier Giorgio Pitton con una fonovaligia Stereophon, sulla parete alcuni aeromodellli. Dall’alto, la serie Sagittario della Lesa di Milano, il Lesa-Siprel del 1952 e alcune mini-radio

Le mani d’oro le ha ereditate dal padre Vittorio, carrozziere molto rinomato in città, di cui conserva ancora nel garage la Topolino bordeaux realizzata nel 1955, tuttora marciante. «All’epoca le case automobilistiche mandavano i telai ai carrozzieri, che poi personalizzavano le auto».

Il cavalier Giorgio Pitton, che compie 78 anni proprio domenica, 9 marzo, ha trasformato un intero appartamento nel suo museo-laboratorio, in cui restaura alla perfezione e custodisce una fantastica collezione di fonovaligie. Una quarantina di pezzi l’ha già rimessa a nuovo. Altrettanti sono in attesa di riparazione. Colleziona anche mini-radio.

L’altra sua grande passione, coltivata sin dai 7 anni, è l’aeromodellismo. Sulle pareti, nelle varie stanze, sono appesi vari modelli, alcuni progettati interamente da lui. Volano ancora, radiocomandati: sono tutti dotati di targa e Qr-code. Per poterli far librare in cielo bisogna infatti avere varie autorizzazioni. Nel 1979 ha esposto un centinaio di aeromodelli alla fiera di Pordenone. Ora ne possiede una quarantina. Ha costruito anche barche, con il motore a scoppio, in grado di superare i 100 chilometri orari. Giorgio è stato, fra l’altro, segretario del gruppo aeromodellistico di Pordenone per diversi anni e ha scritto sull’argomento articoli per riviste specializzate.

Per quanto riguarda i giradischi, i più recenti risalgono ai primi anni Settanta, il più antico è un Lesa Siprel monofonico del 1952, racchiuso in una elegante valigia verde malachite. «Ho impiegato un anno a restaurarlo», racconta Giorgio. Il collezionista li ha trovati dagli svuotasoffitte o ai mercatini, ad Aviano, Codroipo, Sacile, Pordenone. Spesso in condizioni deplorevoli. «Solo per pulirli, all’inizio, ci vogliono due o tre ore», spiega. La sua collezione contempla giradischi portatili a batteria, ad alimentazione mista o elettrica. Modelli pensati per i giovani di allora, ma anche cambiadischi automatici. Con pazienza e abilità Giorgio è riuscito a riportarli allo splendore originale.

Fra i pezzi più belli la serie Lesa Sagittario (uno, due e il 2 cambiadischi) in cui si può apprezzare «l’evoluzione dal giradischi più semplice al cambiadischi automatico» nei primi anni 60. A luglio ha esposto una selezione di fonovaligie in biblioteca alla mostra del restauratore Renato Portolan e a novembre in via Mazzini alla fondazione Ado Furlan.

A Giorgio le fonovaligie ricordano gli anni ruggenti, «quando il giradischi e la sua scorta di 45 giri con titoli selezionati erano il pilastro fondamentale per la riuscita dei festini in casa. Lista «approvata dei partecipanti, inviti verbali, maschietti rigorosamente in giacca e cravatta, ragazze in gonna (vietati la mini e i pantaloni), camicetta castigata, golfino adeguato e orari tassativi per il rientro se fuori casa».

In un suo scritto rievoca quell’epoca. Quando si sorseggiavano moscato, amaro al carciofo e vermouth o aranciate. O ancora il ragazzo più grande doveva ballare «un tango o un valzer con la mamma, nonna o zia della famiglia ospitante», sempre dietro alla porta a fare da vedetta, «pronte ad accendere la luce». «E tutti dovevano fare un ballo con tutte, evitando le coppie fisse immediate».

«Mi sa tanto che noi – osserva Giorgio nella sua memoria –, più o meno coetanei ragazzi e ragazze di allora, con una fonovaligia di pochi watt, di qualità sonora discutibile e con le bibite gassate, abbiamo “socializzato” e ci siamo divertiti forse di più quella volta, che quelli di oggi col wi-fi, i cocktail improponibili, anche illeciti, i millemila kilowatt e lo 0,001% di distorsione nell’impianto stereo. Grazie, vecchio giradischi».

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