Pordenone, è nato il comitato contro la movida

Dal capoluogo alla provincia, si sta organizzando il “partito” di chi è contro le deroghe e di notte vuole riposare

PORDENONE. «La provincia di Pordenone farà gruppo compatto per contrastare questo intollerabile degrado culturale e sociale. Chi per divertirsi ha bisogno di invadere spazi non suoi non lo può fare. Non lo può fare mai, nemmeno una volta all’anno.

Soprattutto non lo può fare ignorando i diritti degli altri. Difenderemo la possibilità di un vivere che sia civile con l’ultima arma che ci rimane, quella del ricorso alla legge».

E’ un grido – silenzioso – di battaglia, quello lanciato dal neonato coordinamento dei comitati antimovida. Si chiama “Accendi il silenzio” e risponde alla mail: accendilsilenzio@gmail.com.

Sabrina Giontella, che si è presa la briga di far dialogare le realtà già nate – da Firenze a Roma, da Torino a Palermo, «l’Italia intera si sta muovendo, rivolgendosi ai tribunali, con il “Coordinamento Nazionale No degrado e Mala movida” – spiega che le persone che hanno già aderito «non vogliono passare per isteriche, ma chiedono il rispetto a un diritto che è quello alla quiete e al riposo». Da qui la mail per raccogliere adesioni.

«A Pordenone l’esasperazione sta aumentando: Corso Vittorio Emanuele, Piazza XX Settembre, Corso Garibaldi, area Deposito Giordani, Piazza Risorgimento (Associazione Aqua Nova) stanno diventando baluardi di resistenza ed organizzano una rete.

Si è acquisita la consapevolezza di non essere soli: i medesimi problemi vengono vissuti a Maniago dove per dormire ci si droga, a Sacile dove si subiscono ritorsioni e danni per aver denunciato (Comitato per i diritti dei residenti di Sacile)».

Il limite per il comitato è stato varcato da tempo: «Si sono costruiti castelli di deroghe per garantire che la necessità giovanile di socializzare si possa esplicare dalle 21-22 alle 3-4 di notte, che questo avvenga con il voluto corredo di decibel e proprio là dove il piano regolatore indica zone residenziali intensive.

Realtà ignorata in primis dalla amministrazione pubblica che sistematicamente organizza “eventi” impossibili da sopportare per intensità e frequenza».

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