Pordenone in marcia per il Venezuela: «Abbandonati dal Governo italiano, lì abbiamo lasciato tutto»

Parlano i friulani rientrati dall’America Latina che hanno partecipato alla marcia di solidarietà per Juan Guaidò

PORDENONE. Antonio Serafini, per tutti Danilo, è tornato a Pordenone, nella casa d’origine in piazzetta del Cristo, due anni fa, dopo 67 trascorsi in Venezuela. A Caracas aveva un’azienda di prodotti Piaggio, di cui era rappresentante di zona, poi passata al figlio Fabio. Quest’ultimo è “fuggito” in Cile, stato di origine della madre, da dove continua a pagare i dipendenti venezuelani pur avendo cessato l’attività a causa della pesante crisi economica e politica nel “suo” Paese. «Non ha voluto licenziare i dipendenti. Sono davvero deluso dall’atteggiamento dell’Italia – dice Danilo, presidente dell’Efasce in America Latina – che temo si sia incamminata lungo il sentiero di quello che ho visto nell’ultimo ventennio in Venezuela. Una nazione in declino».

Friulani in Venezuela: le testimonianze e gli appelli raccolti dal MV
epa07339185 Sympathizers of the opposition wave the Venezuelan flags and hold signs during a march against Nicolas Maduro's Government, in Caracas, Venezuela, 02 February 2019. Maduro and his opponent National Assembly leader Juan Guaido have called on their supporters to take to the streets as international pressure increased on Maduro to resign. Guiado had declared himself interim president of Venezuela on 23 January and promised to guide the country toward new election as he consider last May's election not valid. EPA/LEONARDO MUNOZ


È uno dei tanti italiani rientrati in patria durante la crisi o con le famiglie di emigranti del secolo scorso. Ed è uno dei 300 che ha partecipato al corteo silenzioso pro Juan Guaidò promosso dalla Libera camera di Pordenone. Tra loro c’erano anche Dario Fantin, medico al Cro, dai 7 ai 18 anni in Venezuela, e Marcella Valeri, tornata ad aprile: «C’è una situazione di grande insicurezza. Vi ho vissuto dai 2 ai 27 anni, poi sono stata “pendolare” con l’Italia: vi assicuro che è un paese ricco, purtroppo ridotto alla fame dalla dittatura». C’è anche Marco Polesel, figlio di Eddo, originario di Cimpello, che è stato presidente della Camera di commercio nazionale di Caracas, consulente economico del governo e rappresentante della Lega, che è il terzo partito del Paese. Per dire quanti sono gli italiani che hanno legami con l’America Latina: almeno 200 mila, moltissimi i friulani.

Diecimila friulani nel Paese che ribolle: "Paura e povertà, l’Italia ci ha dimenticati"
epa07313332 Venezuelans hold a sign that reads 'Free Venezuela' during a protest called by the Venezuelan community against President Maduro, in Santo Domingo, Dominican Republic, 23 January 2019. Thousands took to the streets in Venezuela as Juan Guaido (C), President of the Venezuelan Parliament, declared himself interim president of Venezuela - a move that was quickly recognised by US President Trump - in fight against President Maduro whose presidency Guaido considers 'illegitimate'. The USA and South American countries have been pressing for Maduro's ouster more strongly in the past weeks, aimed to end his presidency after years of crisis. EPA/Orlando Barria


«Questa scintilla si propaghi in tutta Europa», è l’auspicio dal palco dell’ex sottosegretario agli esteri Gilberto Bonalumi, esperto di America Latina. Il governo giallo-verde tentenna (non si è visto alcun grillino in piazza), in Regione è stato Sergio Bolzonello, capogruppo del Pd e alla marcia da piazzetta Cavour al municipio, a porre per primo la questione «con una mozione affinché se ne discuta e si riconosca il cambiamento». Il documento andrà in aula il 26 febbraio.

In testa al corteo una delegazione di venezuelani residenti in regione ed una quindicina di sindaci: «Venezuela ostaggio della narco-dittatura, chi non riconosce è complice», recita lo striscione accompagnato da una decina di bandiere, una esposta nel palazzo comunale. «Pordenone vi è vicina e non dimentica», scandisce Alessandro Ciriani. «È doveroso che le istituzioni si mobilitino a causa di una dittatura feroce, la nostra solidarietà è genuina».

Dai primi dissidenti sovietici ospitati negli anni Ottanta ai boat people vietnamiti sino all’appoggio a Solidarnosc «Pordenone ha una lunga tradizione di solidarietà», scandisce il presidente degli industriali Michelangelo Agrusti. «Siamo stupiti dall’insolito comportamento del governo, che ha un atteggiamento ambiguo». Pare di essere tornati «agli anni Settanta, quando lo slogan di moda era “Né con lo Stato né con le Br”. Eh no, siamo pienamente contro la dittatura» e cita Mao: «Una grande marcia parte da un piccolo posto». Il sindaco di San Vito al Tagliamento Antonio Di Bisceglie auspica una «transizione pacifica» con in regia l’Unione europea.

«Grazie a Pordenone che mette al centro i nostri corregionali italiani che stanno soffrendo. C’è un grande assente, il governo, attraverso la rappresentanza diplomatica, che dovrebbe fare molto di più», dice Adriano Luci, presidente dell’Ente Friuli nel mondo. E da oltre Tagliamento sono giunti in tanti, a Pordenone. Come Claudia Gandin col padre Enzo, 90 anni, partito nel 1951 e tornato nel 2010, presidente del Fogolar Furlan di Caracas: «Vergognosa la posizione dell’Italia». Rosa Nobile, 83enne di Udine, emigrata per 55 anni, rilancia: «Abbiamo lasciato tutti i nostri beni lì, perché nessuno a causa della povertà dovuta alla crisi, li compra». Michele Bernardon, presidente Efasce: «I nostri corregionali, per i quali è stato attivato un centro di distribuzione di farmaci, chiedono di non dimenticarli».

In piazza s’accendono le luci dei telefonini: «È la luce della libertà». Grandi assenti, si diceva, i grillini. Oltre ai citati, hanno sfilato Nicola Conficoni (Pd), Alessandro Basso (Fdi), Simone Polesello (Lega), Mara Piccin (Fi) e Tiziano Centis (Cittadini).

Chiude Bonalumi: «Va a finire come la Libia? Ma chi lo dice non sa di cosa parla, come quando interviene sui vaccini. Juan Guaidò va appoggiato senza se e senza ma». I grandi errori del Governo? «Non essere stato protagonista in Europa e avere rotto con la comunità italiana».

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