Portis, il villaggio dove il terremoto ha sospeso il tempo

A Venzone il sisma si è preso un intero borgo, togliendolo all’uomo per riconsegnarlo alla natura. Oggi rinasce come area di addestramento per le simulazioni post catastrofe

VENZONE. A Portis Vecchia il tempo si è fermato a quella notte del 6 maggio 1976, quando la terrò tremò squassando il Friuli. Qui non si bloccarono solo le lancette degli orologi, ma un intero borgo. Passeggiare oggi per la strada che attraversa il piccolo villaggio fantasma è straniante.

Le case rimaste in piedi, non più di una ventina, sono distanziate e tra l'una e l'altra è cresciuta una vegetazione incolta e selvatica, che pian piano si riappropria degli spazi lasciati vuoti dagli edifici crollate.

Su molte facciate c'è siglata una condanna, due crepe incrociate a "X": è quella che gli esperti chiamano 'croce di Sant'Andrea' e che significa che presto o tardi quelle mura crolleranno. A guardare certe finestre che hanno perso la squadratura originale non si fatica a crederlo.

Portis è un posto che trasmette una quiete perturbante, a dispetto di qualche angolo che pare fatto apposta per ambientarci la sceneggiatura di un film dell'orrore. All'ingresso di una villetta con una facciata all'apparenza integra si è accumulato un gruppo di vasetti da fiori ribaltati. Pare quasi che qualcuno debba uscire dalla casa a rimetterli in ordine. Alzando lo sguardo però si scopre la minaccia di una tettoia pesantemente crepata che li sovrasta. No, dalla porta non verrà fuori nessuno.

Il villaggio fantasma di Portis

Dietro il paese incombe la montagna, minacciosa, che dopo ogni scossa ha scaricato tanti detriti e massi a valle. Davanti scorre il greto del Tagliamento, pietre chiare e poca acqua. L'impressione è di essere in una striscia di terra strappata alla natura e che questa sta reclamando a sé.

All'indomani del terremoto gli abitanti volevano restare, ricostruire le case dove si trovavano. Fu piazzato un cartello: «Portis dev'essere ricostruita qui». Con le scosse di settembre una parte del versante franò, finendo per coprire il cartello: la montagna si era espressa. Portis Nuova venne costruita un po' più a monte.

Se non ci fosse qualche rifiuto d'indiscutibile fattura contemporanea non si direbbe nemmeno che qualcuno passi ancora da queste parti. Non che manchi il rumore: ferrovia e statale 13 scorrono sui due lati del villaggio, animandone la solitudine con il rombo dei tir e lo stridere dei treni sulle rotaie. Alcune abitazioni sono quasi circondate da fronde e rami, quelli che qualche decennio fa non dovevano essere che piccoli arbusti selvatici senza troppo futuro davanti.

Eppure il "paese fantasma" oggi ha ripreso vita. Gli edifici sono puntellati da strutture in legno, sostenuti da tiranti che ne stanno prolungando la vita oltre il limite. Questa sorta di 'accanimento terapeutico' edile è frutto della decisione del corpo nazionale dei vigili del fuoco, in accordo col comune di Venzone, di fare di Portis Vecchia una palestra per simulare un'emergenza sismica. Già dal 2014 la Protezione civile ha cominciato a mandare le prime squadre ad addestrarsi.

Piace immaginare che al posto della vita quotidiana che fino a qualche anno fa attraversava questo piccolo villaggio, gli edifici di oggi possano essere animati, seppur per brevi periodi, dalle chiacchiere, gli ordini e le manovre di chi si troverà a salvare vite umane dopo un terremoto. La morte di Portis Vecchia sarà almeno servita a questo.

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