Porzus, 75 anni dopo: la cerimonia per ricordare l'eccidio delle malghe

FAEDIS. Cerimonia ufficiale a Faedis e Canebola con la deposizione di alcune corone di fiori in occasione del 75 simo anniversario dell'eccidio delle malghe di Porzus, dove tra il 7 e il 18 febbraio del 1945, vennero uccisi 17 partigiani verdì della Brigata Osoppo-Friuli da parte di un gruppo di partigiani gappistì rossi, guidati da Mario Toffanin (Giacca).
Una pagina di storia ancora poco conosciuta al di fuori del Friuli Venezia Giulia, quella che coinvolse i partigiani della Brigata 'Osoppo Friulì, posta a baluardo della italianità del confine orientale che si opponevano alle mire del IX Korpus titino che puntava ad annettere il Friuli alla nascente Repubblica Federativa Socialista di Jugoslavia, e che furono trucidati nella zona di malghe di Porzus, nel comune di Faedis, dai gappistì comunisti comandati da Giacca, su ordine del IX Corpus sloveno che aveva esteso la giurisdizione sulla Slavia friulana.
I fazzoletti verdì si opponevano al predominio sloveno e non riconoscevano la giurisdizione titina su terre che consideravano italiane: per questo dovevano essere eliminati. Episodio tra i più controversi della Resistenza, è stato presto dimenticato, nonostante due processi, e a lungo taciuto, sia da parte della politica sia della storiografia. Nel 2012, l'allora capo dello Stato, Giorgio Napolitano, partecipò alla cerimonia ufficiale di Faedis. Dal 2017, per la prima volta, anche l'Anpi partecipa alla commemorazione con un proprio rappresentante.
«Proseguire con determinazione a far conoscere a tutto il Paese e all'Europa i sacrifici avvenuti in queste terre a difesa della libertà, spiegando che cosa rappresenta la Brigata Osoppo, per non cadere nel qualunquismo quotidiano rischiando di sottovalutare il significato della lotta di liberazione, frutto del sacrificio e dalla sofferenza di singoli uomini e di intere famiglie che hanno messo a disposizione se stessi per la Patria». Così il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.
Nel corso del suo intervento, il governatore ha ricordato le parole pronunciate da Giovanni Padoan, all'epoca commissario politico della brigata Garibaldi, che si assunse la responsabilità, pur non avendo avuto una parte diretta nell'eccidio, e chiese perdono agli eredi delle vittime, quale dirigente comunista dell'epoca e ultimo membro vivente del comando raggruppamento divisioni Garibaldi del Friuli. Un esempio, secondo Fedriga, «di assunzione di responsabilità e di superamento della storia nell'ottica del bene comune».
Le celebrazioni si sono svolte in mattinata a Faedis e Canebola, dove nella chiesa parrocchiale, l'ordinario militare per l'Italia, monsignor Santo Marcianò, ha officiato la santa Messa in suffragio dei caduti della Brigata Osoppo.
Presente anche una delegazione dell'associazione Partigiani Osoppo (Apo) che si è recata sulla tomba di Franco Celledoni, «Atteone», patriota della Brigata Osoppo, ucciso al Bosco Romagno, dove è stata posta una corona d'alloro. A seguire in piazza Primo Maggio l'alza bandiera, l'onore ai caduti e la deposizione di una corona di alloro con gli interventi del sindaco di Faedis e del presidente dell'Apo, Roberto Volpetti. Diversi gli interventi che si sono succeduti all'interno della chiesa di Canebola per commemorare le vittime: dal presidente della Federazione italiana volontari della Libertà Francesco Tessarolo alla parlamentare dem, Debora Serracchiani ai rappresentati del Comune di Boves, località del cuneese che fu teatro nel '43 della prima strage compiuta in Italia dai nazisti, a quello di Paola Del Din Medaglia d'oro al valor militare.
«L'eccidio di Porzus, nel quale furono trucidati diciassette partigiani della Osoppo colpevoli di non essere comunisti e di combattere per un'Italia libera e democratica, dev'essere conosciuto, ricordato e commemorato senza ambiguità, cautele o tentennamenti di sorta». A dirlo è il sindaco di Udine, Pietro Fontanini, intervenendo alle commemorazioni dell'eccidio di Porzus.
«Perché la verità - ha proseguito Fontanini, secondo quanto riferisce una nota - è che, durante quelle tragiche fasi della guerra di liberazione, c'era chi combatteva per l'instaurazione di un ordinamento liberale, fondato sulla rappresentanza politica e sullo stato di diritto, e chi invece lottava per l'instaurazione della dittatura comunista».
«Per fortuna, negli ultimi anni questa fondamentale distinzione è stata recepita dalla storiografia e dalla politica, contribuendo a restituire ai martiri di questo ignobile gesto la giustizia che meritano e per troppo tempo hanno aspettato», ha concluso il primo cittadino.
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