Posti letto quasi esauriti e pazienti che aspettano nelle ambulanze prima di entrare: la situazione dal pronto soccorso di Udine

La denuncia degli operatori del Pronto soccorso e della Medicina d’Urgenza dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine: "Soprattutto gli anziani che avrebbero bisogno di assistenza rischiano di aspettare 48 ore prima di avere un posto letto"
Udine 1 Dicembre 2020. Ospedale di Udine Pronto Soccorso Covid. © Foto Petrussi
Udine 1 Dicembre 2020. Ospedale di Udine Pronto Soccorso Covid. © Foto Petrussi

La denuncia degli operatori del Pronto soccorso di Udine: ambulanze in attesa per entrare

UDINE. Affollamento nell’Area Covid del Pronto soccorso, posti letto quasi esauriti, distanziamento tra i pazienti impossibile nelle fasi di alto afflusso, attesa di parecchie ore per gli utenti e personale ridotto all’osso: è questo quanto denunciano gli operatori del Pronto soccorso e della Medicina d’Urgenza dell’ospedale “Santa Maria della Misericordia di Udine”.

PER APPROFONDIRE: 

Spaccato che si sintetizza nelle immagini che mostrano gli accessi congestionati e le numerose ambulanze in fila e che i dirigenti medici della Soc Pronto Soccorso-Medicina d’Urgenza hanno messo, peraltro, nero su bianco in una lettera indirizzata al direttore generale dell’AsuFc Massimo Braganti.

L’immagine postata su Facebook dalla consigliere regionale Mariagrazia Santoro
L’immagine postata su Facebook dalla consigliere regionale Mariagrazia Santoro

Il sistema ospedaliero s’inceppa proprio al Pronto soccorso, cerniera che lega il territorio all’ospedale e dove il flusso di pazienti, tra area verde e area Covid si blocca.

“Il numero di pazienti che arriva è superiore rispetto alla capacità del sistema di ricoverarli ed è per questo motivo che le persone, soprattutto anziani che avrebbero bisogno di assistenza particolare, aspettano anche per 48 ore prima di trovare un posto letto – afferma Mario Calci, responsabile del Pronto soccorso di Udine -. Il sistema è sotto pressione ormai da tre settimane poiché adesso, a differenza della prima ondata del virus, il flusso relativo al Covid-19 s’intreccia a quello della normale attività”.

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E, a fronte di tutto ciò, non c’è personale a sufficienza per affrontare la situazione: “Paghiamo ora anni e anni di ridotta programmazione sanitaria – continua Calci -. Sono numerosi i medici e gli infermieri che sono rimasti contagiati dal coronavirus proprio a causa della condizione difficile in cui hanno dovuto lavorare: le protezioni sono risultate insufficienti visto che non è stato possibile osservare l’adeguata distanza tra operatori e pazienti”.

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