Pradis, scoperti reperti di trentamila anni fa

CLAUZETTO. Le grotte dell’altopiano di Pradis continuano a restituire testimonianze lontane nel tempo, sino a trentamila anni fa. A renderlo noto è Flavio Del Missier, sindaco di Clauzetto, comune in cui si trovano le grotte, dove, sin dagli anni Settanta, furono avviati scavi che, dopo una lunga chiusura conseguente al terremoto del 1976, sono ripresi più recentemente, nel 2005, nella vicina grotta del Clusantin e, dal 2010, nella Grotta del Rio Secco. Tali cavità sono affidate in concessione dal ministero dei Beni culturali e del turismo all’Università degli Studi di Ferrara.
Le ricerche, condotte dal professor Marco Peresani, docente al dipartimento di studi umanistici dell’Università di Ferrara e dal dottor Matteo Romandini, già direttore del Museo della Grotta a Pradis nonché ricercatore all’ateneo ferrarese, hanno fatto emergere risultati scientifici interessanti, di rilevanza internazionale, che attestano la presenza dell’uomo di Neanderthal 48 mila anni fa, epoca immediatamente precedente alla scomparsa di questo nostro antico parente.
Ricerche e risultati che, fortunatamente per gli studiosi ed appassionati, non si limitano a questo, ma indagando sempre più a fondo regalano nuove inattese sorprese: recentemente è stato pubblicato on line sulla rivista Comptes rendus palevol l’articolo “Avian fossil assemblages at the onset of the Lgm in the eastern Alps: a palaecological contribution from the Rio Secco Cave (Italy)” a firma di Lisa Carrera, Marco Pavia e degli stessi Romandini e Peresani.
Si tratta di un originale contributo che descrive le specie di uccelli rinvenute nel deposito di Grotta del Rio Secco. Una attenta analisi ha permesso l’identificazione di diverse specie di uccelli, che hanno fornito importanti informazioni sull’ambiente e sul clima che erano presenti circa 30 mila anni fa nei dintorni del sito, in corrispondenza di una frequentazione da parte dell’Homo sapiens.
Specie come il gallo cedrone, il fagiano di monte, la nocciolaia e il crociere indicano la presenza di foreste, perlopiù di conifere; la presenza della starna indica la presenza di aree aperte erbose; la folaga indica la presenza di specchi d’acqua dolce a debole corrente mentre la pernice bianca e il sordone indicano la presenza di aree aperte con affioramenti rocciosi.
Un importante dato paleoclimatico è fornito dalla pernice bianca: la presenza di questa specie, oggi presente solo a quote molto più alte, sopra al limite superiore della vegetazione arborea, indica che il clima, all’epoca, doveva essere decisamente più rigido dell’attuale. (g.s.)
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