Prelievi dal bancomat rubato: banca obbligata al rimborso

UDINE. La prassi di molte banche, quando qualcuno riesce a trafugare un bancomat al legittimo titolare, è di non rifondere al macapitato correntista la somma prelevata a sua insaputa.
La norma, invece, prevede il rimborso immediato e integrale. È quanto ha preteso e ottenuto un 44enne udinese che, a distanza di due anni dal furto e dopo un estenuante scambio espistolare con il proprio istituto di credito, è riuscito a farsi riconoscere l’accredito dei 1.750 euro che gli erano stati fraudolentemente sottratti.
A stabilirlo è stato l’Arbitro bancario finanziario, sistema di risoluzione alternativa delle controversie tra clienti e banche (e altri intermediari in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari), sorretto da Bankitalia, cui il derubato si era visto costretto a rivolgersi non avendo ricevuto riscontro positivo alle ripetute istanze di rimborso presentate alla propria filiale.
Assistito dall’Adusbef, il correntista aveva presentato ricorso, spiegando di essere stato vittima di un furto e, quindi, di non avere autorizzato le operazioni di pagamento in contestazione.
L’episodio era avvenuto nell’estate del 2015, mentre si trovava al parco giochi “Aquasplash” di Lignano Sabbiadoro. Erano stati due sms sul telefono cellulare ad avvertirlo in tempo reale dei prelievi: il primo, per un importo pari a 250 euro, e il secondo, pari a 1.500, entrambi effettuati a uno sportello di Lignano Pineta.
La corsa all’area di sosta dove aveva lasciato parcheggiata l’auto aveva confermato il sospetto: qualcuno aveva forzato il bagagliaio e rubato tutto quel che vi aveva trovato dentro, carta bancomat compresa.
Per limitare il danno, a quel punto, aveva bloccato la carta attraverso segnalazione al relativo numero verde e poi, in serata, sporto denuncia alla stazione dei carabinieri.
Come da copione in caso di furto, smarrimento o clonazione del bancomat e della carta di credito, insomma. Eppure, quando, nei giorni e poi di nuovo nei mesi successivi, aveva presentato domanda di ristoro, la banca aveva dapprima tergiversato e infine risposto picche.
Per l’istituto di credito, in quella così come in innumerevoli precedenti occasioni simili, la colpa era stata del cliente che, evidentemente e incautamente, aveva custodito il pin insieme alla carta. Da qui, la discesa in campo dell’Adusberf, con gli avvocati Lorenzo Colautti e Silvia Manganotto.
«Il Decreto legislativo 11/2010 di recepimento della Psd (direttiva 2007/64/Ce) – spiegano i legali – prescrive che la banca per prima cosa rimborsi immediatamente l’importo dell’operazione al cliente, salvo poi il caso in cui riesca a dimostrare la colpa grave dell’utilizzatore.
Onere peraltro a carico della banca. Gli istituti di credito, tuttavia, quotidianamente ignorano queste prescrizioni attribuendo la negligenza dei clienti sulla base di mere affermazioni di principio».
Lungi dall’accontentandosi delle presunzioni della banca, però, il collegio milanese ha accolto il ricorso del correntista udinese, disponendo il rimborso pressoché integrale della somma prelevata, oltre al ristoro delle spese per l’attivazione della procedura.
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