Prende 100 e lode alla maturità e dedica il voto al suo amico Alessandro morto a 15 anni

PORDENONE. Ha dedicato il suo diploma a quota 100 centesimi con lode all’amico mai dimenticato Alessandro Baldasso, che è mancato nel 2016 a 15 anni dopo una lunga malattia: Francesco Sitta è un’eccellenza anche nel fattore umano al liceo Grigoletti di Pordenone. Per Alessandro quattro anni fa hanno sperato nel miracolo tanti ragazzi a Corva, sino all’ultimo. Poi la tragedia ha spento le speranze, dopo tre anni di cure e lotta senza tregua. «Gli amici non si dimenticano – dicono alcuni docenti del liceo Grigoletti con la dirigente Ornella Varin –. Il gesto di Francesco onora e commuove la comunità della nostra scuola».
Francesco Sitta è uno studente eccellente nell’indirizzo di scienze applicate: nel 2019 ha conquistato la medaglia d’argento alle Olimpiadi internazionali di biologia che si sono disputate a Szeged, in Ungheria, con 350 studenti provenienti da 78 Paesi. Il diploma con lode chiude alla grande la sua carriera liceale che ha aumentato il medagliere al Grigoletti. «Uno studente straordinario – gli insegnanti sono orgogliosi – capace di un gesto straordinario».
Questo il testo integrale della lettera che Francesco Sitta ha scritto per ricordare il compagno mancato quando erano in prima e che proprio ieri avrebbe compiuto gli anni.
«In questi giorni dopo la maturità, giorni di progetti per il futuro, mi è venuto in mente un momento preciso del passato: 30 giugno 2016, l’allora classe prima I del liceo Grigoletti si riunì in casa Baldasso a Corva per festeggiare il compleanno di Alessandro, cantando una sgangherata versione di “Tanti auguri a te” e una ancora più sgangherata versione di “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo” di Luciano Ligabue. Ora, Alessandro era un ragazzo cui sembrava precluso il diritto di sognare: dalla seconda media lottava contro un tumore, da tempo non veniva più a scuola e in quel momento era costretto nel letto da cui non si sarebbe alzato più. Eppure Alessandro non era un ragazzo “seduto”. Non minimizzava il dolore, ma era sempre positivo e cercava di sdrammatizzare, coltivava una serie di passioni, dalla musica ai motori. Insomma, non si sarebbe detto un ragazzo privo di sogni».
«La parola “sogno” ha a volte una connotazione negativa: quella di favola, di fuga dalla realtà, sintomo di immaturità. Ma per un giovane come Alessandro, e come me che scrivo, un sogno è un balzo nel futuro ad ali spiegate, un volo dell’anima e della mente. E anche se per lui il futuro era grigio, aveva la forza di lanciarsi al di là della notte (durante la quale spesso era tenuto sveglio dai dolori) per vivere un altro giorno. I suoi sogni davano veramente forma al suo mondo. E se contano i sogni di un ragazzo che non ha futuro, quanto più ancora potranno contare i sogni di un ragazzo di diciannove anni, in piena salute, davanti al quale si apre il mondo dell’università, del lavoro, della vita adulta? A volte noi giovani siamo presi dalla tentazione di tirare i remi in barca e lasciare che la vita si faccia da sola, come può, pazienza se non è come la speravamo.
Altre volte da quella di metterci a coltivare la nostra aiuola e restare chinati a guardarla per non dover sopportare la vista del deserto che intorno avanza. La storia di Ale ci insegna che un sogno può spalancare le ali e alzare lo sguardo persino di fronte alla morte, la più grande barriera che l’uomo conosca. Sotto l’esempio di Ale, noi giovani possiamo amare la vita come se non ci fosse un domani e sognare come se ci fossero infiniti domani di fronte a noi».
«Caro Ale, dedico questa mia maturità a te, che l’avresti fatta quest’anno, ma eri maturo già molto prima, e come ogni frutto maturo hai lasciato molti semi. Uno, forse, è germogliato oggi».
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