Primo caso in Friuli Venezia Giulia di Hantavirus, la “febbre dei topi”. Gli esperti: già avviati i controlli

TOLMEZZO. Va avanti da un paio di mesi l’invasione di roditori nell’Alto Friuli, ma da quando in Slovenia si è diffuso l’Hantavirus, sviluppando oltre 200 contagi, aumentano i timori. Si tratta di un patogeno che ha sintomi simili al Covid, diffuso in Slovenia, in particolare, nella foresta di Tarnova, che ha registrato un “caso di importazione” in un cervignanese. A fare chiarezza è Giampaolo Baracetti, direttore veterinario di Area A dell’Azienda sanitaria Friuli Centrale.
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«Il fenomeno della pullulazione è seguito dall’Istituto zooprofilattico che ha effettuato una serie di monitoraggi con verifiche epidemiologiche – mette in chiaro –. Al momento non esistono rischi particolari legati all’Hantavirus in provincia di Udine, anche se è necessario mantenere alcune cautele. È bene evitare di toccare gli roditori morti e impedire agli animali domestici di mangiarli, è il caso di quindi tenerli al guinzaglio durante le passeggiate in montagna, in caso di sintomatologie sospette fra cani e gatti meglio interpellare il veterinario».
È buona norma, comunque, lavarsi le mani dopo un’escursione, meglio evitare, infine l’eccessivo ricorso alle esche, che potrebbero avvelenare anche la fauna selvatica e gli animali domestici.
L’invasione dei roditori si è manifestata i primi di maggio, dal Tarvisiano alla Carnia, e, più a sud, fino alle prime propaggini delle Prealpi Giulie. Si tratta di una «pullulazione di micromammiferi – come spiega in una relazione Luca Lapini del Museo friulano di Storia naturale – che riguarda due roditori forestali già in passato protagonisti di imponenti analoghi fenomeni nella zone alpine e prealpine del Friuli, l’arvicola rossastra Myodes glareolus e il topo selvatico dal collo giallo Apodemus flavicollis». Analoghi fenomeni sono stati registrati nel 1993 e nel 2012.
La causa, spiega il sindaco di Tolmezzo Francesco Brollo che si è pure rivolto alla Forestale, va ricercata nell’aumento della produzione del seme pesante di faggio e abete rosso e dovrebbe ridursi nell’arco di uno o due d’anni. Spiegazioni che anche il primo cittadino di Tarvisio Renzo Zanette ha fornito in consiglio comunale, rispondendo a un’interrogazione della minoranza. «Si tratta di un problema diffuso su tutto il territorio montano – conferma il presidente della Comunità di montagna della Carnia Ermes De Crignis – che stiamo controllando anche garantendo lo sfalcio dei prati».
Una situazione sulla quale Fabrizio Fuccaro, presidente della Comunità di montagna Canal del Ferro e Valcanale, ha cercato di fugare ogni dubbio interpellando l’Azienda sanitaria e il Corpo forestale regionale: «Non è possibile – precisa – adottare strumenti invasivi distribuendo sul territorio esche che potrebbero risultare appetibili anche per altri animali selvatici o domestici».
Un solo lato positivo: l’abbondanza di roditori sicuramente inciderà positivamente sulle nidiate dei predatori aumentando la presenza di mustelidi e rapaci.
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