Produzione di mascherine ibride, controlli a tappeto della Finanza

PORDENONE. Accertamenti alle aziende artigiane che stanno producendo mascherine (articolo 16 comma 2 del decreto 18/2020) e agli acquirenti, per verificare il corretto utilizzo di dispositivi che non hanno alcuna finalità sanitaria e, come tali, vanno utilizzati con cautela. L’attività di controllo è stata effettuata dal comando provinciale della guarda di finanza di Pordenone Per prevenire più che sanzionare.
I controlli
Sono oltre venti le realtà controllate dalle fiamme gialle di Pordenone, tra artigiani produttori di mascherine e clienti (case di riposo, farmacie ecc.). I comuni interessati sono stati, oltre a Pordenone, Chions, Fiume Veneto e Fanna. Come spiega il comandante provinciale della guardia di finanza, Stefano Commentucci, «le ispezioni hanno la finalità di evitare che taluno si approfitti dell’emergenza e, nel contempo, di valorizzare le iniziative imprenditoriali volte ad affrontarla responsabilmente.
Gli accertamenti – prosegue il colonnello – sono stati avviati dopo evidenze informative comunicate dalla Prefettura di Pordenone e da plurimi articoli riportati dagli organi di informazione, dai quali si desumeva che le mascherine “ibride” venivano prodotte anche da aziende, sovente artigianali, prive delle attrezzature e dell’expertise necessario. Mi riferisco in particolare al materiale utilizzato per confezionarle, come per esempio la fibra di bambù».
Accertamenti «volti a contemperare le esigenze di produzione e distribuzione delle mascherine (determinate dallo stato di emergenza) con quelle di tutelare comunque i cittadini, che devono avere piena contezza della loro reale natura e dell’uso consentito».
Ibride
Per capire la valenza delle verifiche, bisogna fare un passo indietro. Le mascherine che hanno valenza sanitaria sono solo quelle chirurgiche e quelle facciali filtranti e in commercio, almeno in regione, sono impossibili da trovare per i cittadini. Ci sono poi le mascherine che sta distribuendo la protezione civile (e simili) che sono regolamentate proprio dall’articolo 16 (comma 2) del decreto 18 e che possono essere prodotte (previa autorizzazione ministeriale) con la chiara specifica (attraverso bugiardini, etichette ecc.) di dispositivo non sanitario.
L’utilizzatore insomma deve sapere che non sono né presidio medico né dispositivo di protezione individuale (Dpi) e come tali non possono dare garanzia di sicurezza. Per questa ragione, una circolare del Ministero della salute, emanata il 18 marzo, ha chiarito che queste mascherine non possono essere utilizzate durante il servizio dagli operatori sanitari né dagli altri lavoratori per i quali è prescritto l’uso di specifici dispositivi di protezione individuale.
Si possono usare per fare la spesa? Sì, ma con la consapevolezza che la protezione è parziale. In casa di riposo? Li può indossare l’anziano, ma non l’infermiere o l’operatore socio sanitario, che invece deve essere dotato di dispositivi medici. Idem nelle fabbriche: se una particolare funzione richiede l’uso di Dpi, questi non possono essere rimpiazzati con una mascherina qualunque. Se un dipendente si ammalasse, potrebbe far causa all’azienda che ha messo a rischio la sua salute.
Prezzo
Quanto devono costare queste mascherine? C’è chi le regala, chi le fa pagare pochi centesimi, chi le vende a cifre importanti. «Dai preliminari abbiamo verificato che alcune mascherine venivano anche commercializzate a prezzi non trascurabili (10 euro ciascuna), senza formalmente specificare la loro tipologia e destinazione d’uso e questo può generare possibili equivoci negli acquirenti; tra questi anche aziende industriali che operano persino nell’ambito sanitario» ha chiarito il colonnello Commentucci. Se un farmacista le vende a 17 euro ma le acquista a 12, il ricarico è all’inizio della catena produttiva.
Racket
Se sul prezzo la magistratura è orientata a far prevalere la legge di mercato, i controlli delle fiamme gialle servono anche a contrastare l’insorgenza di traffici illegali: mascherine regalate che vengono rivendute sul mercato generando un profitto illecito. Da qui la volontà di seguire la filiera: dal produttore al destinatario finale.
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