Profughi, a Gradisca il centro-espulsioni

Decisa dal Viminale la sede in Fvg con cui accelerare i rimpatri. Serracchiani: prima va chiusa l’attuale struttura d’accoglienza. La legge Minniti prevede la creazione di singoli hub controllati dalle forze dell’ordine e una capienza non superiore ai 100 posti

UDINE. Tutto come previsto: il ministro dell’Interno ha scelto l’ex Cie di Gradisca d’Isonzo come sede in cui realizzare in Fvg, entro luglio, il nuovo Centro permanente per i rimpatri (Cpr), come previsto dalla legge Minniti approvata alcune settimane fa in Parlamento.

Un Centro che, come previsto dalla normativa, non ospiterà più di 100 ex profughi – cui è stata respinta la richiesta d’asilo – in attesa di essere rimpatriati nei loro Paesi d’origine.

Una scelta certamente non inaspettata e perfettamente logica considerato come nella cittadina isontina ci siano già a disposizione strutture idonee – quelle del Cara attualmente funzionamente e dell’ex Cie –, senza che il ministero debba quindi spendere milioni di euro in opere di ammodernamento di altri immobili.

Come specificato più volte dal ministro dell’interno Marco Minniti, poi, Gradisca risponde all’esigenza di creare i nuovi Cpr nelle vicinanze degli aeroporti da cui lasceranno l’Italia gli ex richiedenti asilo. Era difficile, dunque, aspettarsi una scelta diversa da Roma – che lunedì ha comunicato agli enti locali la localizzazione dei primi 11 Cpr sui 18 totali da realizzare lungo la Penisola –, ma la Regione pare non voler accettare senza discussioni la decisione del Viminale e fissa le sue regole per il via libera a Gradisca d’Isonzo.

Lo fa per bocca della presidente Debora Serracchiani che certamente non sbatte le porte in faccia al ministro – anzi –, ma chiede che siano rispettate alcune condizioni imprescindibili.

La prima è quella della contestuale chiusura del Cara esistente e che – dati della Regione al 2 maggio – attualmente ospita 503 migranti. In secondo luogo, l’impiego per il controllo del Cpr di forze dell’ordine che non siano già utilizzate nella sicurezza del territorio che, anzi, dovrà essere maggiormente presidiato. Oltre al rispetto dei numeri prefissati e alla rapidità dei rimpatri, infine, il personale operante all’interno del Cpr dovrà fornire tutte le garanzie professionali e le competenze che la situazione richiede.

«Noi abbiamo dato la nostra adesione al piano del ministro Minniti – ha ricordato la presidente – in quanto con grande senso di responsabilità siamo consapevoli che ognuno deve fare la propria parte».

Di un radicale cambio di passo compiuto da questo Governo rispetto al passato ha parlato invece l’assessore regionale alla Solidarietà, Gianni Torrenti, il quale ha sottolineato come i Cpr rappresentino una soluzione radicalmente diversa rispetto ai precedenti Cie per numero ridotto di persone ospitate e per la fluidità nelle operazioni di rimpatrio garantita dagli accordi con i Paesi di origine.

«Una dinamica che prima con i Cie – ha spiegato Torrenti – rischiava di diventare una sorta di detenzione, con tutti i risvolti negativi sul piano umanitario e della sicurezza che l'organizzazione dei Cpr andrà ad evitare».

Per il resto, Cpr a parte, a livello regionale continua a fare fede l’accordo del 2014: ogni territorio dovrà accogliere una percentuale di migranti pari alla propria quota di accesso al Fondo nazionale per le politiche sociali, con piccole eccezioni per i centri colpiti dai terremoti. All’interno di ogni singola regione, quindi, scatta l’accordo Viminale-Anci dello scorso dicembre: i Comuni fino a 2 mila abitanti dovranno ospitare 6 migranti, i comuni con più di 2 ila abitanti ne accoglieranno 3,5 ogni mille abitanti, le città metropolitane (già gravate in quanto hub di transito di molti rifugiati) si limiteranno a 2 posti ogni mille residenti.

Per quanto riguarda il Fvg, nel dettaglio, la quota di riparto del Fondo è pari al 2,19% del totale per cui, facendo riferimento ai 180 mila arrivi dello scorso anno, alla nostra regione spetterebbero circa 4 mila profughi. «Attualmente siamo sui 4 mila 800 – conclude Torrenti – cioè ancora sopra le quote di riparto e, perciò, non saremo oggetto di ulteriori arrivi da altri territori. Noi abbiamo chiesto a Roma il trasferimento della fetta di migranti in eccesso, ma è chiaro che in questo momento, con gli sbarchi al sud che non si fermano, è difficile che il ministero riesca ad accontentarci in fretta».

Posizioni, quelle del Pd in Fvg, contro cui si è scagliato il capogruppo alla Camera della Lega Nord Massimiliano Fedriga. «Serracchiani, con la sua incoerenza sul delicatissimo tema della lotta all'immigrazione clandestina, è un pericolo per la sicurezza del Fvg – ha attaccato –. Dopo aver voluto la chiusura del Cie ed essersi spesa per mantenere aperto il Cara, che non permette il controllo degli immigrati, e li lascia liberi di muoversi sul territorio, oggi Serracchiani dichiara di voler chiudere quest’ultimo e riaprire il primo: follia allo stato puro che continua a ripercuotersi sulla provincia di Gorizia e, più in generale, su tutto il territorio regionale».

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