Promosse o bocciate: le dieci serie televisive del 2021 da cancellare o rivedere nel 2022
Quattro anni, un’escalation pazzesca, da quel 2 maggio 2017 che fu l’inizio di un’era. Da quasi invisibile, al primo passaggio spagnolo, a fenomeno mondiale. E siamo stati tutti dalla parte loro, di quei geniali rapinatori coi nomi di città, quelli che un tempo il cinema bollava come cattivi. Nessuno, credo, abbia tifato per la polizia. Perché stavolta il male si è alleato con un certo romanticismo melodrammatico, provocando un black out dei parametri tradizionali. Geniale, davvero. Da vedere assolutamente e da rivedere.
Su Netflix, 5 stagioni (conclusa)
La Napoli di Gomorra è la Gotham City senza Batman, azzardando un parallelismo ardito. Ma ci può stare. Il dominio della malavita è assoluto e una qualunque vita normale verrà travolta da un fiume di sangue. In una terra senza leggi e senza speranza in sei anni di vendette e funerali ci siamo chiesti più volte se in quel buio pieno d’inquietudine esista una speranza. Anche no. La bilancia, però, pende a favore dell’arte cinematografica. Ineccepibile.
Su Sky on Demand (Conclusa)
I coreani non sono mai stati dei sentimentali. La cinematografia targata Seoulha offerto spesso pellicole spietate. Come dire, il pezzo forte della casa. Non si sottrae, ovvio, la serie che serve sul piccolo grande schermo la povera umanità scassata e derelitta costretta a rischiare la pelle per denaro. Tanto denaro, certo, ma per uno soltanto su migliaia di aspiranti. Un ricatto che diventa adrenalina pura per noi spettatori, non c’è dubbio, e proprio ringraziando l’ottima fattura dell’operazione ci dimentichiamo di così tanta crudeltà.
Su Netflix, prima stagione (nuovo doppiaggio)
La conoscenza del tormentato mondo di Joe risale al 2018. Poi — si sa — le stagioni si affastellano e siamo giunti alla terza. Un thriller altamente psicologico con alcune rilevanti particolarità: il giovane libraio, come molti di noi, detesta l’umanità scorretta. Bene. Lui, però, tende a eliminarla giustificando i gesti estremi con macchinazioni che includono un certo genio perverso. Da cui l’inevitabile fascinazione. I suoi ragionamenti diventano una sorta di io narrante e il trucco funziona. Certe scene sono piuttosto efferate, occhio.
Su Netflix, tre stagioni. Continua
Decisamente glamour con la graziosissima figlia di Phil Collins adagiata con cura in una Parigi come sempre seducente. Emily, per l’appunto, è un’americana a Parigi, ecco, e si sa quanto i francesi non s’innamorino proprio degli intrusi, anche se la “clandestina” in questione è una deliziosa bambolina. Abitini, borsette, amori, ça va sans dire, e quant’altro diventi ottima merce per i social si sprecano puntata dopo puntata, visto che la giovincella di Chicago lavora da “Savoir”, notissima agenzia di creativi del lusso. Roba da teenager che odiano vestirsi male.
Su Netflix, due stagioni
Stavolta Verdone fa Verdone. Con qualche delicata intromissione dei suoi amici Furio, Mimmo, Ivano, Raniero, insomma loro. Carlo ci fa curiosare nella sua vita il più possibile privata sebbene dal momento in cui una qualunque realtà diventa cinema, di reale resta ben poco. Comunque spiamo un Verdone in pigiama, un Verdone che pranza e cena da solo, un Verdone che tenta una conquista, il Verdone più Verdone che ci sia col carico dei figli, della governante padrona e dell’ex moglie. Per chi lo segue da sempre una sbirciata è doverosa.
Su Prime Amazon
Attenzione, qui siamo in zona storia vera. Una miniserie che non molli nemmeno se ti va a fuoco il brasato in cucina. Impossibile resistere alle folli peripezie di Charles Sobhraj, un commerciante di gemme, che negli anni Settanta avvelenava lentamente i turisti di passaggio a Bangkok impossessandosi delle loro identità, con la complicità di una signorina senza alcun scrupolo. Come lui, del resto. Una fedele riproduzione di un’epoca e di una cultura hippie. Irrinunciabile.
Su Netflix
Mica tanto. D’altronde Gabriele Muccino non propone mai idilliache atmosfere familiari, semmai predilige prolungate scosse telluriche perlopiù sentimentali. Il film già ci diede un assaggino di quel che accade in un nucleo assai borghese per i cinquant’anni di matrimonio del patriarca Pietro e della gentile lady. Stavolta si entra con forza nel ristorante dei due, con i tre figli pronti a battagliare per una eredità. Stesso spirito guerrafondaio, ma diluito. Un bel cast e c’è passione tosta.
Su Sky
Un caso. Be’ un cartoon seriale non s’era mai viso prima, intanto. Zerocalcare firma, racconta, doppia. L’autobiografia è dominante, ma la riflessione accurata sulle nevrosi contemporanee si abbatte su tutti noi facendo rimbalzare le nostre coscienze sullo specchio/schermo che si sta di fronte. La polemica sul romanesco ha innescato la corsa alla visione, ovvio, cosa che succede anche a Sanremo. Spiace remare contro, ma tutta ‘sta zerocalcaremania non la condivido. Spiaze.
Su Netflix
La famigliola cult di quest’Italia innamorata dell’essere qualcuno che ahimè non è, è perfetta per l’operazione “apriamo le porte dell’effimero”. Consci che Ferragni e Fedez abbiano costruito un impero con la testa e le gambe loro, bravi e basta, ciò che emerge dalla produzione made in Italy è invece la giornata caotica e sempre lussuosa di una coppia vip che va dallo psicoterapeuta non si sa bene perché, visto il risultato eclatante di due esistenze al top. E ci si perde nelle firme di lei e nei mugugni di lui. Boh.
Su Prime Amazon
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