Province, ipotesi commissario per Udine

La “trattativa” sul taglio degli enti. Gherghetta frena, Iacop (Pd) chiede tempo e Pedicini (Pdl) punta a chiudere in febbraio

UDINE. Continua a scaldare gli animi e a dividere la riforma delle Province che ieri mattina, archiviate le festività natalizie, è tornata all’esame della V commissione. A tuonare contro la proposta di legge regionale che sta compiendo l’iter in commissione e si prepara allo sbarco in aula, oltre che riguardo ai provvedimenti in materia già adottati dallo Stato, è il presidente dell’Unione delle Province del Friuli Venezia Giulia, nonché numero uno dell’ente intermedio di Gorizia, Enrico Gerghetta. Ieri, in una nota, ha pesantemente stigmatizzato la ventilata possibilità che l’assise di piazzale Oberdan sia chiamata «ad approvare, in tutta fretta, una complessa riforma istituzionale con cui ripartire delicati compiti e funzioni a Comuni e Province». «Una riforma di questa natura e importanza – ha affermato Gherghetta – va fatta con ragionevolezza, avendo come obiettivo solo gli interessi dei cittadini, cioè il servizio reso ed i costi e non deve invece essere strumento per le proprie campagne elettorali».

Di fronte all’ipotesi di una riforma frettolosa ha frenato anche l’ex assessore regionale alle autonomie locali, Franco Iacop, che intervenendo in V commissione, ieri ha chiesto di evitare il voto di primavera per la Provincia di Udine.

Richiamate le disposizioni di legge nazionali in materia, che prevedono il differimento di un anno delle Province già commissariate e il commissariamento di quelle in scadenza nel 2013, Iacop ha invitato la Regione a far sì che la Provincia di Udine non rinnovi gli organi elettivi e che in loro sostituzione sia nominato un commissario fino alla definizione della riorganizzazione complessiva prevista con apposita legge regionale. «Non si può correre il rischio – ha affermato il consigliere del Pd – di rinviare ulteriormente un processo di riforma importante, perdendo l’opportunità di iniziare veramente il riordino complessivo degli enti locali del Friuli Venezia Giulia dal 2013, con la finalità di poter partire almeno da un territorio, riguardo la razionalizzazione dell’ente intermedio, e non avere sempre il limite del non poter interrompere un mandato in corso cosa che avverrebbe malauguratamente se l’accordo di stampo conservativo Tondo- Fontanini-Lega Nord prevedesse l’atteggiamento passivo di consentire il rinnovo elettorale della Provincia di Udine».

Dal canto suo il consigliere regionale del Pdl, Antonio Pedicini, presidente della commissione speciale per il riordino delle Province ha ribadito ieri, a margine della seduta della V commissione, il suo ottimismo per l’iter della proposta di legge che trasforma le attuali province in enti di secondo grado. «Abbiamo definito il testo base – ha riferito –, giovedì 17 gennaio procederemo al voto, articolo per articolo, e all’esame di eventuali emendamenti dopodiché la proposta di legge potrà essere calendarizzata, per l’approdo in aula, tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio».

In apertura della seduta di ieri, la V commissione – presieduta da Edoardo Sasco (Udc) – ha affrontato anche la dibattuta questione dell’ineleggibilità dei sindaci a consiglieri regionali, che due proposte, rispettivamente di Alessia Rosolen (Uar) e Alessandro Tesolat (Udc) vorrebbero superare modificando gli articoli 2 e 4 della lr 21/2004. Oggi, infatti, i sindaci di Comuni con più di 3 mila abitanti che si vogliano candidare alle elezioni regionali sono costretti, per legge, a dimettersi dalla loro carica 90 giorni prima dello scioglimento del consiglio regionale. «Un ostacolo incomprensibile», a giudizio del presidente dell’Anci Fvg, Mario Pezzetta, che così si è espresso subito dopo l’illustrazione delle due proposte. «Si vuole escludere una categoria di cittadini – ha affermato Pezzetta – dal ruolo di protagonisti della politica regionale. Confidiamo che il consiglio, quanto meno, apra un dibattito sulla questione», ha concluso Pezzetta invitando a riflettere sul perché una tale discriminazione «non si fa ricadere né sui vicesindaci né sugli assessori comunali».

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