Quando il Friuli era una terra con le stellette

REMANZACCO. Chi ha meno di vent'anni non riesce nemmeno a immaginarselo il Friuli militarizzato di un tempo. Chi ne ha di più deve fare uno sforzo di memoria. Questa era una terra "con le stellette" fino ai primi anni '90, vale a dire fino a poco dopo la caduta del muro di Berlino con quel che seguì: fine della guerra fredda, abbattimento della cortina di ferro, smobilitazione delle forze militari dall'una e dall'altra parte.
L'intero Nord-Est di allora erano una marca di confine. Qui finiva l'Occidente e qui erano schierati quasi tutti i reparti operativi dell'esercito. Il che significava la presenza in ogni paese di reparti militari, poligoni di tiro, di aree addestrative, di servitù sul territorio legate soprattutto alla cosiddetta fortificazione permanente, che consisteva in postazioni fisse di artiglieria in bunker sotterranei mascherati da casette in legno dell'Anas. Era impossibile uscire di casa e compiere un tragitto anche breve senza incrociare almeno un'autocolonna militare. Le pizzerie da Paularo a Palmanova, da Tauriano a Gradisca d'Isonzo, pullulavano alla sera di soldati.
Quanti erano gli uomini in uniforme a quel tempo? Il generale Francesco Bettin, nel 1989 comandante della Regione militare Nord-Est, aveva parlato di 80 mila soldati (allora tutti di leva) nel Triveneto. Con i sottufficiali e gli ufficiali il loro numero saliva a 92 mila circa.
In quest'area, tra la soglia di Gorizia e l'Adige, erano dislocate due divisioni corazzate e una divisione meccanizzata, alle dipendenze del Quinto Corpo d'armata di Vittorio Veneto, con comandi a Udine, Pordenone e Treviso. Ciascuna aveva alle proprie dipendenze vari reggimenti e altri reparti logistici. Ad esse si aggiungeva la brigata alpina Julia, che dipendeva dal Quarto Corpo d'armata di Bolzano, a cui faceva capo anche la brigata alpina Cadore, di stanza a Belluno.
All'Esercito bisognava aggiungere anche la Marina e l'Aeronautica, ma la loro presenza aveva un minore impatto sul territorio, perché le loro forze erano distribuite sull'intero territorio nazionale, come lo sono oggi, non dovendo, come l'Esercito, essere concentrate nell'area dove maggiore era la minaccia.
La smobilitazione è incominciata nei primi anni '90, in parallelo con la smobilitazione delle divisioni corazzate sovietiche, stanziate in Ungheria per invaderci. I reparti sono stati trasferiti altrove o sciolti. Sono rimaste le caserme, ridotte per lo più a ruderi, dopo anni di abbandono.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto