Quando il gioco diventa malattia: più che raddoppiati i casi a Pordenone

Sono 150 le persone che soffrono di crisi compulsive da slot machine e altri strumenti simili. «Si cerca di uscire dalla crisi tentando la fortuna». Campagna informativa dell’Azienda sanitaria
Bumbaca Gorizia Casinò
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PORDENONE. Paradossalmente la crisi aggrava alcune patologie. Ad esempio il gioco d’azzardo patologico, definizione più puntuale di quella che abbiamo imparato a classificare come “ludopatia”. Il lavoro sfuma, le entrate familiari collassano ma non gli impegni, ed ecco farsi largo il “pensiero magico”, l’illusione-certezza della vincita che, d’un colpo, spazzerà via tutte le difficoltà.

L’euro investito nel Superenalotto raddoppia, i soldi “investiti” nei “gratta e vinci” aumentano sempre più, la compulsione dell’infilare monetine nelle simil “slot machine” cresce... E quasi senza accorgersi, ecco che il gioco smette di essere tale per trasformarsi in dipendenza.

Dal 2009, quando il Dipartimento delle dipendenze della Ass 6 ha istituito un apposito servizio dedicato alle persone dipendenti dal gioco d’azzardo, queste sono passate «da una ventina ai 52 nuovi casi del 2012 - spiega Carla Bristot, psicologa e componente del’équipe della Ass 6 - con una crescita significativa anno su anno che ha portato a circa 150 persone seguite». Centocinquanta persone non tutte oggi in trattamento: coloro che hanno completato il percorso di recupero continuano però ad essere viste periodicamente.

Il giocatore “patologico” arriva al servizio per strade diverse. «Alcuni - spiega la dottoressa Bristot - arrivano spontaneamente, altri indirizzati dai familiari, altri ancora dai medici di famiglia, altri dai servizi sociali». Non esiste l’identikit del giocatore-patologico-tipo. «Spesso però questa dipendenza si associa ad altre di diversa natura, come l’alcol, in altri casi si sviluppa in personalità un po’ antisociali, le cause, poi, sono le più varie. In più questo particolare momento economico non aiuta...».

Le difficoltà di carattere finanziario possono essere infatti all’origine di un tentativo, che diventa poi compulsivo, di ricercare la soluzione “miracolosa” ai propri problemi facendo ricorso ai giochi, che oggi sono poi i più diversi, che in palio mettono somme in denaro. L’inseguire il sogno del “colpo” che ti sistema per la vita diventa invece il primo passo verso la rovinosa discesa del disastro provocato dal gioco patologico, dalla spinta a spendere tutto il proprio denaro, a chiederne in prestito ad altri, ad appropriarsene nel - vano - tentativo di rifarsi delle perdite... Una spirale infernale che coinvolge non solo quella persona, ma anche l’intera famiglia.

Uscirne «è possibile - rassicura Carla Bristot -. Da quando abbiamo attivato questo servizio, la percentuale di persone recuperate è incoraggiante, siamo oltre il 70%». Le terapie sono diverse perché diversi sono i pazienti, con un fattore comune che è il gruppo di autoaiuto. Il percorso prevede «un colloquio iniziale con l’équipe (composta da un medico, uno psicologo, un’assistente sociale, un’infermiera ed un’educatrice) necessari a valutazione e diagnosi a cui farà seguito il piano terapeutico. Quindi si opterà per la terapia di gruppo, oppure individuale, oppure di coppia, una scelta che sarà diversa a seconda della persona. Previsti anche incontri con i parenti e i familiari e la disponibilità e il sostegno dei gruppi Ama».

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