Quella bottiglietta di veleno

Concludiamo la pubblicazione dei racconti vincitori della Sezione ragazzi al Premio Scerbanenco@Lignano. Dopo “Il caso nonna Bruna” di Alberto Mizza, e “Delitto al mare” di Riccardo Corradin (di Lignano), oggi è la volta di “Come i topi” di Stefano Di Iulio.
La sua vita continuava a diventare sempre più monotona. Si stava sempre più rendendo conto di non essere altro che schiavo della società. Dopo essersi diplomato in ragioneria a diciotto anni, aveva subito iniziato a lavorare come impiegato in posta. Poi, poco dopo, si era sposato e, a ventitré anni, ebbe da sua moglie il primo dei suoi tre figli. La moglie faceva la classica casalinga: badava ai bambini, li aiutava con i compiti, puliva, faceva da mangiare… Lui, invece, lavorava tutto l’anno dal lunedì al sabato per mandare avanti la famiglia. Naturalmente, con uno stipendio da impiegato, non potevano permettersi alcun tipo di sfizio, solo il necessario per la sussistenza: cibo, vestiti e il mutuo della casa. Mai una vacanza e, tanto meno, una cena fuori. Come se non bastasse, anche il lavoro di Frank era molto ripetitivo: nonni che si lamentavano dei ritardi della pensione, gente che si lamentava delle bollette… Si era abituato a spegnere il suo udito quando iniziavano discorsi del genere.
Proprio durante una di queste noiosissime giornate di lavoro, a Frank nacque la passione per la lettura: nelle brevi pause leggeva di tutto, dagli horror ai fantasy ai romanzi storici. Leggendo, riusciva in qualche modo a uscire dalla piattezza delle sue giornate, immergendosi nei mondi dei personaggi dei libri. Aveva letto negli anni migliaia di libri. Gli unici libri che però non sopportava erano i gialli: diceva infatti di non provare alcun interesse nel capire il responsabile di un delitto. Inoltre riusciva, probabilmente grazie al suo sesto senso, subito a capire il colpevole anche nelle storie più intricate e, pertanto, riteneva questo genere di libri banale.
Quel giorno però fu tutto molto diverso: un’ora prima della chiusura, entrò una balorda signora di mezz’età che non aveva mai visto. Era piuttosto bassa, di corporatura media, aveva dei lunghi capelli castano scuri, ad eccezione di un ciuffetto tinto di verde vomito e un vistoso tatuaggio sul collo. Già questo suo aspetto aveva molto incuriosito Frank. Lo salutò come se lo conoscesse da sempre e si presentò come “la signora Amy Colombo”.
«Vorrei accedere alla cassetta di sicurezza numero 19563, intestata al signor… aspetti che non ricordo il nome. »
Tirò allora fuori dalla borsa un bigliettino dove lesse il nome «George Bale».
Frank, divertito, le chiese allora: «Non ricorda nemmeno per chi deve ritirare dei soldi? »
La signora rispose: «Il punto è che ho ricevuto le chiavi della cassetta in eredità da una persona a cui non avevo mai parlato. »
Senza commentare, Frank le indicò la stanza dove erano contenute tutte le cassette. Per accedervi, oltre alla chiave, bisognava anche essere in possesso del codice a dieci cifre. Amy inserì la chiave e, quando le venne richiesto, digitò il codice che aveva annotato sul foglietto. La cassetta si aprì e dentro trovò un assegno circolare che la lasciò a bocca aperta: un milione di dollari! L’assegno, guardando la carta ingiallita, sembrava piuttosto datato. Esaminandolo attentamente, infatti, scoprì che era stato rilasciato il 26 agosto 1998. Aveva più di vent’anni! Oltre all’assegno, nella cassaforte c’erano altre due cose: un foglio, anch’esso ingiallito, con la scritta: «Ti ripago di quello che ti ho tolto» e un flaconcino trasparente mezzo pieno contenente un liquido dal colore blu metallico. Attaccato al contenitore, come un’etichetta, c’era la raccomandazione: «Non bere per nessun motivo», insieme alla data: “16/03/1974”.
Amy però non badò minimamente alla boccetta blu e al foglio di carta ingiallito: infatti era al settimo cielo per il ricchissimo assegno. Quando uscì mostrò a Frank ciò che aveva ritirato dalla cassetta. Egli fu molto incuriosito e chiese alla signora di poter esaminare il tutto più attentamente. In particolare era convinto che la data 16 marzo 1974 fosse collegata a qualche fatto di cronaca, ma non si ricordava molto. Amy uscì dalla posta saltando di gioia per questa inaspettata eredità ricevuta da uno sconosciuto, senza badare per nulla al perché avrebbe voluto dare a lei una tale cifra.
Frank invece era particolarmente interessato alla faccenda. Il giorno seguente, prima di andare a lavoro, andò subito in biblioteca a cercare vecchi giornali risalenti al marzo 1974. Proprio il 16 marzo, trovò ciò che gli serviva: la morte di una coppia di quarantenni, con una figlia, per avvelenamento da tallio, metallo altamente tossico usato come veleno per topi. Non poteva crederci. Lesse che, secondo l’autopsia, il veleno letale era stato assunto la settimana prima. Si pensava potesse trattarsi di un suicidio, per questioni da chiarire. Poi però, ad un certo punto, trovò la parte più importante, che tenne in piedi ciò che stava pensando: “Come testimonia la piccola Amy Colombo, figlia undicenne della coppia di maggiordomi, già da diversi giorni soffrivano entrambi di forti mal di stomaco, ma pensavano fosse una semplice diarrea. Dopo il lutto per l’imprenditore Brown per cui lavoravano, ecco altre due morti tragiche. L’assunzione coincide per entrambi i casi in data 8 marzo secondo le autopsie”.
Continuando a sfogliare i giornali di quel periodo, trovò un altro articolo molto interessante datato 15 marzo 1974 e che sembrava collegato alla morte dei genitori di Amy. “Quarantacinquenne trovato morto in casa per avvelenamento da tallio”, recitava il titolo. Il suo nome era Calvin Brown ed era un imprenditore di grande successo, appassionato di vini, ma soffriva di depressione cronica e aveva più volte tentato atti autolesionistici. Pertanto si pensava a un suicidio. Leggendo attentamente l’articolo, scorse un pezzo che confermò il collegamento tra gli avvelenamenti e la cassaforte. Era scritto da George Bale, a quanto pare grande amico di Calvin, ed era una dedica in memoria del defunto. “Sento una forma di pentimento, come se avessi potuto fare qualcosa di più per lui. ”
A questo punto, Frank aveva già capito tutto e voleva assolutamente raccontarlo a Amy, per farle capire da dove provenivano quei misteriosi soldi, la bottiglietta blu e il foglio. Tirò fuori un libretto con i recapiti telefonici della città, cercò Amy Colombo e le mandò un messaggio dicendole di andare il prima possibile nell’ufficio postale dove aveva trovato la cassaforte con l’eredità che aveva ricevuto da uno sconosciuto e di portare tutto ciò che aveva trovato all’interno.
Passarono i giorni ma della signora non si vide traccia. Frank era molto ansioso e interessato a questo delitto. Lui stesso pensò al fatto che non aveva mai avuto alcuna passione per i libri gialli, ma che, in quel momento, quando era lui a esercitare il ruolo del detective, la cosa lo stava prendendo molto.
Quando stava ormai perdendo ogni speranza che la signora si facesse vedere, Amy Colombo si presentò all’ufficio postale all’orario di apertura. Tuttavia quello era il giorno del ritiro delle pensioni e pertanto dovette aspettare un’oretta abbondante in fila. Frank non aveva mai odiato così tanto il suo lavoro: fremeva per raccontare tutto ad Amy ed, invece, aveva degli anziani signori che gli chiedevano la pensione. Furono finalmente faccia a faccia solo due ore dopo.
Frank non sapeva come iniziare il discorso. Esordì così: «Grazie a delle brevi indagini, sono venuto a conoscenza della vera origine della misteriosa eredità. Se è interessata, mi ascolti».
Amy fece silenziosamente cenno di continuare.
«Allora, controllando vecchi articoli di giornale, sono venuto a conoscenza della tragica morte dei suoi genitori proprio nella data in cui è stato rilasciato l’assegno. Ora, penso sia molto probabile che questa persona l’abbia fatto per una forma di rimorso per ciò che è successo, dato che era molto amico dell’imprenditore per cui lavoravano i coniugi. Ovviamente le verrà da pensare: che relazione ha costui con i miei genitori? Una risposta io ce l’ho e ha a che fare con l’altro uomo che è morto il giorno prima sempre per avvelenamento da tallio.
Dalle autopsie risultò che sia i suoi genitori che Calvin lo ingerirono l’8 marzo, cioè sette-otto giorni prima, più o meno il tempo che impiega il tallio per uccidere. A questo punto sembra evidente che per qualche motivo lo abbiano assunto insieme, ma in che modo? Leggendo bene gli articoli sono giunto a questa conclusione: Calvin, persona che soffriva di una grave depressione, aveva deciso di suicidarsi e doveva averne già parlato all’amico del cuore Frank, che però non lo aveva preso così sul serio (per questo parla di un pentimento).
Per qualche motivo deve poi aver deciso di farlo attraverso il veleno per topi. Probabilmente, vista la sua grande passione per il vino, deve averlo versato in una bottiglia di vino e i suoi maggiordomi, trovandola aperta a fine pranzo, decisero di berla. Frank, quando lesse queste notizie, capì tutto ma non ebbe il coraggio di dirlo, però, per il rimorso di aver lasciato una bambina orfana, decise di lasciarti i soldi in eredità, oltre che al flaconcino di veleno e un biglietto di scuse. »
Amy rimase in silenzio, con una sensazione mista tra la sorpresa per la perspicacia di quell’uomo e la rabbia per coloro che in più di quarant’anni non erano riusciti a capirci nulla. Dopodiché ringraziò molto Frank e se ne tornò a casa.
Nove giorni dopo, sul giornale locale, sulla prima pagina era scritto: “Misteriosa morte di signora di cinquantasei anni”. –
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