«Quella volta che Pertini mi portò a vedere i Mondiali»

Entrò a Palazzo nel 1959 quando aveva vent’anni ed era un giovane carabiniere del Reggimento dei corazzieri. Ne uscì dieci anni fa, il 2 giugno 2004, dopo essere stato ricevuto dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, in visita ufficiale. Non certo una consuetudine per un “semplice servitore dello Stato”, come vuol sempre definirsi, partito per la sua avventura 45 anni prima dalla val di Resia.
Per uno nato il 2 giugno, il giorno della festa della Repubblica, l’approdo sembrava quasi una meta scontata, anche se quando nacque la Repubblica era ancora lontana una guerra. Sfilerà anche Francesco Madotto, ora 75enne, sabato mattina a Udine tra le centinaia di corazzieri che parteciperanno in città, e da domani a Martignacco, al quarto raduno del prestigioso reggimento dell’Arma dei Carabinieri.
Un evento carico di significato, perché arriva a cent’anni dall’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, con il Friuli divenuto improvvisamente fronte o retrovia del fronte e i corazzieri impegnati a Villa Italia di Martignacco a proteggere Re Vittorio Emanuele III, il capo delle forze armate, che lì vi aveva fissato la residenza. Proprio Martignacco conferirà al Reggimento la cittadinanza onoraria.
Madotto, il Maresciallo di palazzo, dopo aver lasciato il servizio senza trascurare le sue passioni sportive (atletica e canottaggio), si è buttato a capofitto in una nuova avventura: è infatti consigliere nazionale dell’Associazione nazionale carabinieri in congedo e cardine della sezione corazzieri.
«Saremo in tanti in Friuli nel fine settimana, anche se l’età avanza e molti colleghi non potranno partecipare al raduno. Si tratta di un appuntamento importante, specie per i giovani, mi auguro ce ne siano tanti a Udine sabato per la nostra sfilata».
Cos’è stato per lei fare il Corazziere?
«Realizzare un sogno. Sono partito da Oseacco di Resia per il corso sottufficiali carico di speranze, ho ritrovato nei corazzieri un’altra famiglia che mi ha aiutato a superare la nostalgia del mio Friuli. E poi nel 1959, quando sono entrato al Quirinale, Gronchi era il presidente. Su 120 corazzieri ben 20 erano friulani. Un rapporto, quello tra Quirinale e Friuli, che è sempre stato forte».
Ha lavorato con otto presidenti...
«Li ho serviti... Da Gronchi a Ciampi, dal 1978 sono stato coordinatore dei servizi di sicurezza e rappresentanza al palazzo del Quirinale».
Ha visto passare di lì i grandi del mondo... è vero che fu mandato ad accompagnare il presidente Usa Carter a fare jogging?
«Sì, mi piaceva correre e scelsero me per fargli da guida. In 45 anni ne ho viste tante, ma almeno tre sono i ricordi indelebili».
Ovvero?
«Nel 1980 il presidente Pertini mi inviò con un mio collega a portare una corona d’alloro al muro della morte di Auschwitz, un momento che non dimenticherò mai. Poi, con i presidenti Cossiga e Ciampi, le due missioni in Russia. La prima nel 1989 quando a 200 km da Mosca onorammo i soldati italiani sepolti nelle fosse comuni nel 1941. Sapevo che tra i caduti là sotto c’era anche mio zio Massimiliano, classe 1922. Era il 1989, pochi mesi dopo sarebbe caduto il muro di Berlino e il mondo sarebbe cambiato. Tornai in Russia, sul Don, nel 2001 a seguito del presidente Ciampi per un’analoga cerimonia».
La sua Resia fu uno dei paesi più colpiti dal terremoto del 1976...
«Alcune ore dopo con alcuni colleghi partii per il Friuli e a pochi giorni dal disastro in paese arrivarono anche il Presidente del consiglio Moro e il ministro dell’interno Cossiga che sapeva chi ero, avendomi visto tante volte al Quirinale, e nell’occasione mi chiese di essere ragguagliato sulla situazione al mio ritorno a Roma. Così feci e negli anni successivi, anche quando s’insediò sul Colle, continuò a chiedermi notizie del paese, della lingua che tanto l’aveva colpito e della Ricostruzione».
Maresciallo, e il presidente Pertini? Per i 40enni di adesso era semplicemente il “nonno” di tutti gli italiani.
«Un uomo eccezionale».
Un aneddoto?
«Sabato 10 luglio 1982, Pertini ci avvicina al Quirinale, ci dice che i ragazzi in Spagna avevano bisogno di lui, che erano stati degli eroi e che il giorno dopo sarebbe andato in aereo ad assistere alla finale mondiale e poi avrebbe riportato al Quirinale gli Azzurri di Bearzot. Mi lasciai scappare una frase: beato lei Presidente. Beh, Pertini mi disse di presentarmi il giorno dopo all’aeroporto di Ciampino e così partecipai anch’io a quella spedizione leggendaria».
Cosa ricorda di quelle ore?
«Tutto, e poi al ritorno in aereo mi sentivo a casa con tutti quei friulani: Zoff, Bearzot, Collovati. Ricordo la famosa partita a carte del presidente e la sfida a Causio e Bearzot. Pertini diceva sempre: “Il mio amico Zoff”.»
E il 2 giugno 2004?
«Terminai il mio servizio al Quirinale, avevo 65 anni e dovevo lasciare, anche se, fosse stato per me, non me ne sarei mai andato. Il giorno dopo, il presidente Ciampi mi fece il grande regalo di ricevermi al Quirinale in visita ufficiale e mi concesse anche di tenermi eccezionalmente la divisa. Un regalo grandissimo, accresciuto dal fatto che nel 2010 sono stato autorizzato a indossare l’uniforme a New York in occasione del Columbus day. Ora la voglio donare a un museo militare in Friuli».
Ecco in pillole la storia di un servitore dello Stato, non uno dei tanti, perché passare 45 anni di vita nel palazzo della più alta carica dello Stato non è cosa di tutti i giorni. Anche se sei nato il 2 giugno.
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