Quell’ultima chiamata di Trifone al padre

PORDENONE. Trifone Ragone aveva accennato, in famiglia, che «qualcuno gli dava fastidio». Nervosismo che è trapelato, secondo quanto racconta il padre Francesco, anche nell’ultima telefonata intercorsa fra i due, la mattina del 17 marzo.
«Era preoccupato, l’ho intuito dal tono della sua voce, diversa dal solito. Era nervoso», ha dichiarato il papà del giovane sottufficiale dei carristi, barbaramente ucciso nel parcheggio di via Interna con la sua fidanzata Teresa Costanza la sera del 17 marzo dell’anno scorso. Circostanza che non rileva nelle indagini condotte dal nucleo investigativo dei carabinieri. Trifone, però, aveva capito chi era il misterioso stalker dietro il profilo Facebook anonimo che cercava di interferire nella sua vita di coppia con Teresa, tormentando la fidanzata con messaggi sgraditi. Lo testimonierebbe anche un’affermazione in chat di “anonimo anonimo”, datata 4 luglio e rivolta a Teresa: «Hai parlato con Trifone, adesso sa chi sono, sei una poveretta»
Secondo quanto affermato dall’avvocato Costantino Catapano, il profilo sarebbe stato aperto una sola volta da Rosaria Patrone dal proprio computer: l’ha guardato, non ci ha trovato nulla di offensivo e quindi è uscita, senza chattare. La ventiquattrenne studentessa di giurisprudenza, indagata per le ipotesi di reato di false informazioni ai pm, favoreggiamento o, in alternativa, istigazione all’omicidio, ha dichiarato di esserne venuta a conoscenza dallo stesso Giosuè Ruotolo e che si era trattato di uno scherzo.
L’ipotesi degli inquirenti è che, invece, Ruotolo, indagato in veste di esecutore del duplice omicidio, abbia avuto accesso al profilo Facebook esclusivamente delle postazioni informatiche della caserma De Carli di Cordenons. Sono stati sequestrati cinque hard disk di computer, che saranno esaminati dal consulente informatico nominato dai pm. Lunedì prossimo ci sarà il conferimento dell’incarico, tre giorni dopo cominceranno le operazioni peritali ad Asolo.
Quei computer erano utilizzati, però, anche da altri commilitoni. Alcuni di loro, compresa una soldatessa, sono stati risentiti ieri dagli inquirenti. Altri militari, oltre a Giosuè Ruotolo, potrebbero aver avuto la password del profilo Facebook. Chi la conosceva? Se questa circostanza fosse provata, farebbe gioco alla difesa di Ruotolo.
L’identità social ormai è estinta (prassi, peraltro, automatica su Facebook). La password è conosciuta solamente da chi ha creato il profilo e da chi ha avuto occasione di aprirlo. Gli inquirenti sono venuti a conoscenza dei messaggi attraverso i dispositivi informatici di Teresa Costanza. Ma alcuni contenuti della chat potrebbero essere stati cancellati. Non è detto, inoltre, che ci sia la medesima mano dietro tutti i messaggi molesti, con i quali l’anonimo invita Teresa a diffidare della monogamia di Trifone e le consiglia, sempre parlando al femminile, di controllare il suo profilo Facebook e i suoi telefonini («So che ne ha due, un iPhone e uno nero») sui quali è molto ben informato. Il punto cruciale, per gli inquirenti, sarà appurare con certezza la paternità delle velenose incursioni nella vita privata di Teresa e Trifone.
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