Ravascletto, un mese dopo l'alluvione. Gli albergatori: "È stato peggio del '76"
«Mai visto niente di simile. L’alluvione qui in montagna è stata peggio del terremoto del 1976». Basta guardarlo negli occhi per capire che sta dicendo sul serio. Mentre racconta della colata di fango venuta giù a un passo dal suo albergo, Pietro De Infanti sembra rabbrividire. Di primavere sulle spalle ne ha diverse. Ha vissuto l’alluvione del ’66, dieci anni dopo l’Orcolat, eppure non sembra avere dubbi. «Stavolta è andata peggio. È come ci fossimo trovati all’improvviso in mezzo a un tornado, di quelli che vedi alla tv scoperchiare abitazioni dall’altra parte del mondo. Peccato stavolta i tetti fossero i nostri». Quello dell’hotel Bellavista è da rifare. «Una bella spesa, ma poteva andare peggio», commenta ancora De Infanti.
La montagna non si spezza: il nostro speciale multimediale a un mese dall'alluvione
L’hotel è chiuso, ma nel caminetto il fuoco scoppietta e una tavola poco distante è imbandita del miglior paniere carnico. Speck, Formadi Frant, l’immancabile salame. Con lui ci sono il sindaco Ermes De Crignis, il suo ex vice Sandro De Infanti, l’albergatrice Genny Di Comun che è anche assessore. Stretti attorno al tavolo tornano a martedì 30 ottobre. «Era passato mezzogiorno da poco ed ero appena rientrato da un sopralluogo vicino all’albergo quando ho sentito un boato e ho visto venir giù dalla montagna un fiume di fango e detriti. Non fosse stato per i De Infanti, che sono arrivati subito e hanno deviato il corso del materiale con uno dei loro mezzi, ora l’albergo sarebbe da rifare».
Dall’altra parte del tavolo Genny ascolta sorridendo. È la prima cosa che si nota entrando al Bellavista. Sebbene si parli di un evento che ha ferito a morte la Carnia, la gente di qui non ha perso il sorriso, anzi. «Ci siamo ritrovati più uniti che mai», racconta ancora l’albergatrice, 35 anni e un legame indissolubile con Ravascletto. «Sono stati gli anziani a darci una spinta – continua –. Uscivi di casa in quelle ore e vedevi nei loro sguardi lo smarrimento, bastava questo per capire cosa stava accadendo. La risposta è stata naturale. La gente si è messa a disposizione. Ci siamo trovati a lavorare nelle case, negli alberghi, per strada. Tutti con tutti».
Sulla strada che passa di fronte al Bellavista si sono riversati 800 metri cubi di materiale franoso. Ed è lì come in diverse altre zone del paese dove le strade sono state interrotte dal maltempo che «diverse persone sono accorse a dare una mano. Prima con mezzi propri, poi con quelli delle aziende, a titolo volontario, gratuitamente, senza farsi troppe domande e si sono trovate sul posto quando sono state richiamate al lavoro. Erano già al lavoro da ore quando sono poi arrivati i rinforzi» ricorda commosso il sindaco. Una nuova epopea friulana. Un’altra pagina all’insegna del “Fasin dibessoi”, di quel senso di comunità e autonomia che da 40 anni a questa parte spinge la gente del Friuli, nelle situazioni, più difficili, a far da sé. Come con la luce. In diversi paesi della Carnia grazie alla Secab, la società elettrica cooperativa dell’Alto But, l’elettricità è stata ripristinata nel giro di 24 ore. Incassata qualche disdetta, gli alberghi sono tornati al lavoro. «Dovremo informare più del solito, ma siamo pronti a farlo, a spiegare che qui la stagione è pronta a partire», assicura la giovane raccontando che sullo Zoncolan si è già iniziato a sparare neve in vista dell’avvio di stagione.
Molti problemi naturalmente a Ravascletto restano. Nel bosco sono caduti 8 mila metri cubi di legno, «tre volte tanto quello che preleviamo in un anno – spiega De Crignis –, dobbiamo intervenire sulla scuola di sci, che ha avuto danni per alcune centinaia di migliaia di euro, e sull’acquedotto, danneggiato a sua volta per poco meno di un milione» stima il sindaco ricordando che poi c’è la frana, sul versante Valsecca in un tratto della Panoramica delle vette, da mettere in sicurezza e ci sono le sponde dei rii da ripulire e consolidare anche qui per alcuni milioni di euro. Di lavoro, insomma, ce n’è ancora tanto, ma attorno al tavolo del Bellavista si continua a scherzare, il fuoco scoppietta, un bicchiere di vino scalda lo stomaco e fuori dalla finestra cade la prima neve.
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