Razzismo in negozio, scambio di accuse FOTO

Mortegliano, la donna ribadisce il comportamento discriminante del commerciante che ribatte: puzzava, rifarei tutto
Mortegliano 18 agosto 2013 Episodio di Razzismo presso il negozio Tirelli. © Foto Petrussi Foto Press / Ferraro Simone
Mortegliano 18 agosto 2013 Episodio di Razzismo presso il negozio Tirelli. © Foto Petrussi Foto Press / Ferraro Simone

MORTEGLIANO. Da una parte Marie, giovane mamma, originaria del Camerum, moglie di un medico; dall’altra il titolare di un negozio di abbigliamento di Mortegliano, Paolo Tirelli. E tra loro una presunta vicenda di razzismo accaduta lo scorso 16 agosto: la donna asserisce, infatti, che l’esercente le avrebbe negato la possibilità di provare degli abiti perché puzzava, costringendola ad andarsene indignata.

Lui, invece, nega, ogni manifestazione razzista pur confermando di aver manifestato la sua contrarietà al fatto che lei indossasse vestiti “importanti” poichè – a suo dire – le sue condizioni igieniche non erano tali da consentirglielo.

E, intanto, la comunità locale si divide. Marie ritiene che il comportamento di Tirelli sia stata dettato da puro razzismo. «C’era caldo – aveva affermato – e tutti sudano, quindi è soltanto perché sono di colore che sono stata tratta in questo modo»?

No, è la secca replica di Tirelli: «Troppo facile accusarmi di razzismo e sbattermi in prima pagina. Troppo semplice sputtanarmi facendomi passare per quello che odia la gente di colore. Troppo facile avallare soltanto la tesi della donna. Lo ripeto, non ho nulla di cui pentirmi. Non ho fatto nulla di male. E quello che ho detto alla signora, lo avrei riferito a qualsiasi donna che si fosse trovata nelle sue condizioni e che mi avesse chiesto di provare un vestito di pregio. Lo so, i media hanno bisogno di sensazionalismi, ma in questo caso il razzismo davvero non c’entra nulla».

A difesa di Tirelli c’è una signora la quale ricorda che una sua amica pochi anni fa ebbe lo steso trattamento dopo aver chiesto di provare un abito matrimoniale. «Il titolare del negozio – ricorda – le fece notare che era particolarmente sudata e che l’abito ne avrebbe risentito. Lei capì. La cosa finì lì e la mia amica tornò nel negozio pochi giorni dopo. No, qui si rischia che in nome del presunto razzismo uno non può più dire nulla». Marie aveva anche affermato che dopo l’episodio del 16 agosto non si sente più tranquilla: «Se è accaduto questo, può succedere di tutto».

Insomma, lei non ha dubbi: quanto le è capitato è «un atto di razzismo puro». Tirelli scuote il capo.

«Guardi – racconta – quando mi sono avvicinato a lei non sapevo come dirle che non avrebbe potuto provare vestiti di pregio. Fosse stata una camicia o una maglietta non ci sarebbero stati problemi perché li avrei potuti lavare, ma per vestiti importanti – perchè ne avrebbe voluti provare diversi – come pretendeva la richiesta era impossibile. E le assicuro che non mi è mai capitato in tanti anni di dover manifestare la mia contrarietà a provare un abito. Esagero? Guardi, c’erano delle persone nel negozio e le assicuro che hanno concordato con me. Ripeto, non le devo delle scuse. Ma soprattutto non sono un razzista. Ho fatto quello che ritenevo di fare. Se di fronte mi fossi trovato qualsiasi donna indipendentemente dal colore della pelle, avrei agito allo stesso modo. Le ho soltanto detto che non era, a mio avviso, nelle condizioni di provare vestiti di pregio. Per questo mi devo sentire accusato di razzismo»?

È a quel punto che Marie ha deciso di andarsene e di riferire il tutto alla stampa. «Io insiste Tirelli – sono immediatamente passato dalla parte del torto. Ma il mio lavoro impone delle regole. Avessi avuto un comportamento razzista sarebbe gravissimo». Già, un piccolo “giallo” che ha animato il dibattito in paese. Una storia bifronte, con due protagonisti e due verità.

RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto