Reclutamento scolastico, i sindacati: «Norma ingiusta, non risolve alcun problema»

Giacomina Pellizzari

UDINE. Il neo segretario regionale della Uil scuola, Ugo Previti, boccia senza se e senza ma la riforma sul reclutamento scolastico. «Non va per niente bene – afferma –, è un provvedimento che parte dal reclutamento e finisce per invadere la contrattazione diventando inaccettabile».

Previti non salva nulla della riforma che, a suo avviso, ripropone tutto ciò che i lavoratori hanno respinto. Dall’orario di lavoro alla formazione, dagli incentivi alla valutazione del merito il giudizio non cambia: «Quella disegnata dal ministro è una scuola tecnocratica, autoritaria ed etero diretta, il contrario di quello che dovrebbe essere».

Il segretario regionale della Uil scuola avrebbe preferito poter emendare la bozza illustrata, nelle scorse settimane, dal ministro, ma Bianchi è andato avanti per la sua strada.

«Il sindacato rappresenta i lavoratori e cerca di migliorare i provvedimenti» sottolinea nel far notare che il contratto di lavoro degli insegnanti è scaduto da tre anni e la riforma prevede ore di lavoro di più.

«Oggi il docente fa la vera formazione sul campo perché ha bisogno di confrontarsi con i ragazzi» continua il sindacalista scagliandosi contro i concorsi con le risposte a crocette: «La riforma li prevede quando è risaputo che il lavoro del docente non deve limitarsi a esercizi di memoria, gli insegnanti devono avere la capacità di interessare i ragazzi alla materia».

Ma l’aspetto che più preoccupa Previti è il taglio di un punto del Pil della scuola, sceso da 4,5 a 3,5, che tradotto in euro significa sei milioni in meno. «Non si può continuare a tagliare i fondi all’istruzione» insiste il sindacalista, secondo il quale molti precari non accettano la cattedra in Friuli Venezia Giulia perché gli stipendi mensili sono troppo bassi.

«Non superano 1.200 euro al mese: come fa un insegnante a pagare l’affitto?». Alla domanda segue la risposta: «La scuola è un investimento a lungo termine per formare cittadini non sudditi».

Allo stesso modo, Previti invita a smetterla di «dire che l’insegnante lavora 18 ore a settimana perché non è così. Alle ore di presenza in classe vanno aggiunte quelle per la preparazione delle lezioni, i consigli di classe, gli incontri con le famiglie, sono tutte attività che il docente fa regolarmente».

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