Redditi non dichiarati L’azienda è in Slovenia Imprenditrice assolta

«Delocalizzare un’impresa all’estero per pagare meno tasse non è un reato: è consentito da un principio dell’Unione europea, quello della libertà di stabilimento». Così hanno commentato, gli avvocati Luca Colombaro e Gianpiero Porcaro, quest’ultimo professore di diritto tributario all’università di Udine, la sentenza di assoluzione pronunciata ieri dal giudice monocratico Iuri De Biasi per la loro assistita, l’imprenditrice pordenonese Luigia Traina, 42 anni.
La Procura ha contestato all’imprenditrice, nella veste di procuratore della società di autotrasporti Pro trade doo, con sede in Slovenia e domicilio fiscale a Roveredo in Piano, l’omessa dichiarazione, con una presunta imposta diretta evasa di 61.544 euro nel 2013 e di 56.927 euro nel 2015. Il viceprocuratore onorario Enrico Schenato, ritenendo che fosse stata creata una finta sede in Slovenia per evadere le imposte in Italia, aveva chiesto la condanna a 8 mesi di reclusione. Gli avvocati Colombaro e Porcaro, invece, hanno chiesto l’assoluzione. Nelle loro arringhe hanno ricordato i nuovi criteri di giudizio sulla esterovestizione introdotti dalla sentenza “Dolce e Gabbana” del 2015, che in materia ha rappresentato un vero e proprio spartiacque.
Sempre più società scelgono di delocalizzare, cercando Paesi in cui il costo del lavoro e le tasse sono più bassi. Ma non per questo si può presumere in generale l’intento di frodare il fisco. Non conta più solo la residenza degli amministratori, bisogna valutare l’esercizio dell’impresa nel suo complesso per capire se ci si trovi di fronte a un abuso o meno.
La difesa ha dimostrato che la società Pro trade, controllata dalla spa italiana Assisped, opera in Slovenia. Nella sede di Kranj dispone di una dozzina di dipendenti e di un parco mezzi, ha un fatturato ingente ma per gli anni finiti sotto la lente degli inquirenti ha realizzato appena mille euro di utile. Non vi sarebbe stato, dunque, nemmeno un vantaggio fiscale a evadere le imposte in Italia. Nel caso della Pro trade, dunque, non è possibile parlare di esterovestizione. Tesi accolta dal giudice, che ha assolto Traina perché il fatto non sussiste. —
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