Redditi, scadenze e requisiti: tutto quello che c'è da sapere sulle pensioni

In Fvg meno dell’8 per cento dichiara più di 52 mila euro l’anno. L’Inps ha creato 12 fasce, 8 mila assegni non vanno oltre i 250 euro al mese. La legge di Bilancio ha allargato le maglie per mamme e disoccupati. I lavori usuranti
12 04 2007 Brescia Inps cartelle previdenziali istituto nazionale previdenza sociale Ph.FotoLive Ettore Ranzani
12 04 2007 Brescia Inps cartelle previdenziali istituto nazionale previdenza sociale Ph.FotoLive Ettore Ranzani

C’è chi non va oltre i 250 euro al mese, altri che nello stesso periodo percepiscono più di 3 mila euro. La forbice dentro la quale oscillano gli assegni dei pensionati è ampia. Si passa da chi rischia di dover fare la fame per arrivare a fine mese a chi invece conduce una vita più che dignitosa.

La fotografia scattata lo scorso anno dall’Inps parla chiaro: a livello regionale più del 50 per cento dei 356 mila 540 pensionati si colloca nella prima metà della classifica. Si tratta di un esercito di persone che dall’Istituto di previdenza riceve da 250 a 1.500 euro al mese.

La provincia con il maggior numero di pensionati è Udine, qui ne contano 157.140. Al secondo posto si piazza Trieste, dove il numero si ferma a quota 73 mila 224. Seguono Pordenone (83.852) e Gorizia (42.324).
 

L’Inps ha diviso i pensionati in 12 fasce di reddito. Nella prima trovano spazio i più poveri quelli che incassano fino a 250 euro mensili e registrano redditi medi annuali non superiori a 2.069 euro. La situazione rilevata a Trieste è sicuramente migliore rispetto a quella verificata, nella stessa fascia, in provincia di Udine dove il reddito medio annuo dei 3.949 pensionati non va oltre i 1.844 euro.
 



 

In termini assoluti, i pensionati più ricchi risiedono in provincia di Trieste anche se a Gorizia pur rilevando un numero (3.374) di pensionati più che dimezzato rispetto al vicino capoluogo giuliano (7.766), il valore del reddito medio raggiunge 50.368 euro l’anno. E se sempre a Trieste la cifra non supera 52.835 euro anno, a Pordenone i 5.439 pensionati della fascia più alta ricevono, mediamente, 51 mila 052 euro all’anno. A Udine l’importo (51.746) cambia di pochissimo.



 

Gli importi più bassi. Analizzando la distribuzione per valori mensili, l’Inps si sofferma sulla «concentrazione nelle classi bassi». Lo fa mettendo in evidenza che in Italia «il 63,1 per cento delle pensioni ha un importo inferiore a 750 euro». Una percentuale, che per le donne raggiunge il 76,5 per cento. Sempre l’Inps chiarisce «che gli importi indicati costituiscono solo una misura indicativa della “povertà” visto che molti pensionati sono titolari di più prestazioni pensionistiche o comunque di altri redditi».
 

Vivere da pensionato con meno di mille euro al mese: la situazione in Friuli
Pensionati in attesa presso un ufficio INPS di Napoli in una immagine del 14 Febbraio 2006. ANSA/CIRO FUSCO/


 

Entrando nel dettaglio, l’Inps rileva che «la popolazione fra 75 e 79 anni ha in media più di una pensione a testa e quella di età superiori a 90 anni quasi due (1.921 per mille residenti)». Con l’avanzare dell’età, si legge sempre nell’Osservatorio 2016, «sussiste una maggiore probabilità di invalidarsi o di rimanere vedove e vedovi».

Tant’è che «delle 11.374.619 pensioni con importo inferiore a 750 euro, solo il 44,9 per cento (5.106.486) beneficia di prestazioni legate a requisiti reddituali bassi, quali integrazione al minimo, maggiorazioni sociali, pensioni e assegni sociali e pensioni di invalidità civile.


 

Le differenze fra uomini e donne. In questo caso il divario tra i due generi è accentuato: per gli uomini la percentuale di prestazioni con importo inferiore a 750 euro scende al 45,1 per cento e se si analizza la situazione della categoria vecchiaia si osserva che questa percentuale scende al 23,7 per cento, e di queste solo il 23,3 per cento è costituito da pensioni in possesso dei requisiti a sostegno del reddito.

Sempre per i maschi, si osserva che oltre un terzo delle pensioni di vecchiaia è di importo compreso fra 1.500 e 3.000 euro».

Alla luce di tutto ciò proviamo ad analizzare la differenze tra uomini e donne anche in Friuli Venezia Giulia. Detto che il numero delle pensionate donne (189.764) supera quello dei maschi, balza subito all’occhio che gli uomini con assegni mensili superiori ai 3 mila euro sono oltre 20 mila, mentre le donne scendono a 6.483.

Ma quello che più colpisce è la variazione del reddito medio perché se i pensionati maschi registrano redditi medi pari a 52.794 euro l’anno, le donne non vanno oltre i 48.390 euro.
 

In migliaia sono ancora alle prese con le scadenze dell’anticipo pensionistico meglio noto come Ape sociale. Entro il 30 novembre, i lavoratori che avranno maturato i requisiti potranno chiedere di anticipare l’età pensionabile. L’Inps accoglierà le domande in regola con decorrenza retroattiva all’1 maggio 2017 o alla data di maturazione dei requisiti, se successiva.

Entro la stessa data potranno anche essere integrate le domande inoltrate entro lo scorso 15 luglio che non hanno superato il vaglio per difetto di documentazione. L’operazione sarà consentita sempre ammesso che sia possibile presentare i documenti mancanti in sede di prima istanza.
 

L’Inps si trova a dover correggere le stime sull’Ape sociale perché la legge di Bilancio 2018 ha allargato le maglie. La manovra prevede uno sconto sui requisiti contributivi concessi alle madri: sei mesi per figlio fino a un massimo di due anni.

Un esempio? Le donne con quattro figli potranno chiedere l’Ape sociale da 63 anni con un minimo di 28 anni di contribuzione anziché 30. Allo stesso modo l’Ape sociale sarà estesa ai contrattisti a termine. Potranno presentare la domanda i lavoratori con 63 anni di età rimasti senza impiego per effetto della scadenza del contratto a termine in grado di vantare ne 36 mesi precedenti la cessazione almeno 18 mesi di lavoro dipendente.
 



 

Con questo doppio intervento, il prossimo anno, potrebbero essere riconosciute fino a 6.700 nuove indennità (fino a 1.500 euro al mese per 12 mesi) con un anticipo fino a 43 mesi prima della pensione; anticipo che, come detto, a parità di versamenti contributivi potrebbe salire a 5 anni e 6 mesi per le apiste madri con 4 figli. Queste due misure richiederanno oneri aggiuntivi pari a 79 milioni nel 2018, circa 93 nel 2019 e 80,5 nel 2020.

Ma non è ancora tutto perché la stessa legge di Bilancio trasforma la rendita integrativa temporanea anticipata (Rita) in norma strutturale con un anno di anticipo rispetto alla sperimentazione in scadenza alla fine del 2018. La rendita sarà riconosciuta anche ai lavoratori disoccupati da almeno due anni che entro i 10 anni successivi matureranno i requisiti per la vecchiaia.

Considerando un aumento dei richiedenti pari al 10 per cento, si stima un effetto finanziario di 4,2 milioni nel primo anno che saliranno a 39,7 nel 2019. Un’altra possibile estensione dell’accesso alla pensione anticipata presi in considerazione dallo Spi-Cgil nella newsletter riguarda i disoccupati purché non abbiano presentato domanda di disoccupazione o altro ammortizzatore che si ritrovano privi di assegno da almeno 3 mesi.
 

Al momento della compilazione delle domande, la valutazione dei requisiti va fatta con particolare attenzione visto che due domande su tre non passano il vaglio dell’Inps. Lo conferma l’esito delle domande ricevute dall’Inps entro lo scorso 15 luglio: a livello nazionale sono state presentate 44.006 domande, di queste ne sono state accolte 20.957, mentre il 20,97 per cento sono state respinte.
 


 

Ha ricevuto esito positivo solo il 34,6 per cento per cento delle domande di Ape sociale (13.601 su 39.300) e il 28.5 per cento di precoci (7.356 su 25.800), prefigurando quindi il pagamento di cifre di gran lunga inferiori rispetto a quelle stimate dal Governo.

Non va meglio in Friuli Venezia Giulia dove a fronte di 1.346 domande ricevute l’Inps ne ha accolte solo 453. Il 34 per cento del totale. Vale a dire 247 domande Ape su 636, pari al 39 per cento, e 206 sulle 710 (29%) per quanto riguarda i precoci.
 

Il progetto sperimentale in scadenza alla fine del prossimo anno, offre ai lavoratori dipendenti, agli iscritti agli ex fondi speciali (elettrici, telefonici, ex inpdai, trasporto dazieri, esattoriali, florido volo, inpsi, sportivi professionisti), ai lavoratori iscritti all’ex Inpdap, agli ex Ipost, ex Enpals e alla gestione separata Inps in grado di far valere un minimo di 30 anni di contributi versati o accreditati, che hanno maturato un trattamento lordo pari a 703 euro (1,4 volte la pensione minima) oppure a tutti coloro che svolgono lavori gravosi come gli operai dell’industria estrattiva, i conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni, i conciatori di pelli e pellicce, conduttori di convogli ferroviari, di mezzi pesanti e camion, infermieri, ostetriche con lavoro organizzato a turni, addetti all’assistenza di persone non autosufficienti, insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori, facchini, addetti ai servizi di pulizia e operatori ecologici, la possibilità di andare in pensione a 63 anni, tre anni e sette mesi prima della pensione di vecchiaia, purché abbiano accumulato almeno 20 anni di contributi. Anche su questo versante, in tutta Italia, migliaia di domande sono state bocciate.
 

Pensione a 67 anni? Trattativa al via
Un esempio di certificato. Secondo le ultime stime della Funzione pubblica, a fine 2012 saranno 24 milioni i 'pezzi di carta' che scompariranno grazie a una nuova ondata di semplificazioni a partire da settembre, 18 agosto 2012..ANSA/FRANCO SILVI


 

La scure dell’Inps continua a far arrabbiare non poco la Cgil che insiste a chiedere l’applicazione del verbale siglato con il Governo proprio perché i risultati della prima fase dell’applicazione dell’Ape sono sotto gli occhi di tutti.

«L’atteggiamento dell’Inps è troppo restrittivo», spiega Ezio Medeot, il leader regionale dei pensionati Spi-Cgil, nell’auspicare esiti diversi almeno per le domande presentate dai Patronati.

La pressione sindacale è forte. Non a caso Inps e Governo cercano di correre ai ripari, riesaminando le domande già presentate alla luce di criteri interpretativi meno rigidi, senza attendere la modifica legislativa che dovrebbe arrivare in sede di approvazione della Finanziaria 2018.

Nella newsletter indirizzata a tutti gli iscritti, la Cgil analizza i nuovi scenari ricordando che resta aperta la trattativa anche sull’adeguamento dell’età pensionistica all’aspettativa di vita.

Sempre in base ai numeri forniti dall’Inps, le 2.300 domande bloccate potrebbero essere recuperate soprattutto se sono state presentate da disoccupati che hanno perso tale status con impieghi temporanei. In seconda istanza, infatti, questo requisito viene considerato compatibile con lo stato di disoccupati, purché il contratto a termine risulti inferiore ai 6 mesi o in regime di voucher.

Pure il conteggio ai fini dell’anzianità contributiva, dei periodi di lavoro svolti all’estero (per tutti i paesi Ue, Svizzera e molti paesi extra Ue) consentirà di recuperare un buon numero di domande. Il “ripescaggio” comunque, è sempre l’Inps a stimarlo, non andrà oltre il 7 per cento delle domande.

Stando a queste stime in Friuli Venezia Giulia non si andrà oltre alle 100 unità. Alle 2.300 domande ritenute idonee va aggiunta anche una minima parte delle 8.500 pratiche bocciate perché prive della documentazione richiesta.
 

 

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