Regeni, al via il processo senza imputati: assenti gli 007 egiziani
Giovedì un’udienza cruciale davanti alla Corte d’Assise. Il governo italiano potrebbe anche costituirsi parte civile
UDINE. I quattro 007 egiziani accusati di aver sequestrato, torturato e ucciso Giulio Regeni sono dei «finti inconsapevoli», come la Cassazione definisce in casi analoghi coloro che sanno di essere perseguiti dalla legge ma non si palesano?
Se la terza Corte d’Assise di Roma deciderà di sì, il processo contro di loro si potrà svolgere regolarmente anche in loro assenza. È dunque un’udienza centrale e cruciale quella che si apre domani alle 9.30 nell’aula bunker di Rebibbia, durante la quale potrebbe concretizzarsi un’altra importante circostanza che vede il nostro governo costituirsi parte civile contro gli egiziani come annunciato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio durante l’ultima commissione parlamentare
Il gup favorevole
In merito alla possibilità di processare i quattro agenti della National Security del Cairo imputati per l’omicidio del ricercatore ventottenne friulano si è già espresso favorevolmente il gup Pierluigi Balestrieri. Lo scorso 25 maggio il gup, accogliendo le richieste della procura, dopo una camera di consiglio di tre ore ha infatti rinviato a giudizio i quattro imputati evidenziando come «la copertura mediatica capillare e straordinaria ha fatto assurgere la notizia della pendenza del processo a fatto notorio».
«Finti inconsapevoli»
In altre parole li ha ritenuti «finti inconsapevoli». Come si spera accada anche domattina davanti ai giudici della terza Corte d’Assise presieduta da Antonella Capri: se verrà valutato che la sottrazione è stata volontaria allora il processo andrà avanti, altrimenti no. Spetterà al pm Sergio Colaiocco, titolare del fascicolo, illustrare tutti i dettagli per convincere i giudici che, considerata la grande campagna d’informazione anche in Egitto sui quattro uomini, è impossibile che essi non siano informati della questione. I quattro agenti della National Security, individuati grazie alle indagini della Procura di Roma, assieme ai carabinieri del Ros e ai poliziotti dello Sco, sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di quest’ultimo i pubblici ministeri contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.
L’indagine
L’indagine, partita subito dopo il ritrovamento del corpo di Giulio il 3 febbraio 2016 è tata affidata sin dalle prime battute a Colaiocco, prima sotto il coordinamento dell’allora procuratore Giuseppe Pignatone e proseguita poi sotto la guida dell’attuale procuratore capo Michele Prestipino. «Ho visto Giulio ammanettato a terra con segni di tortura sul torace» ha riferito un testimone che per 15 anni ha lavorato nella sede della National Security dove Giulio è stato ucciso.
Un contributo importante al processo potrebbe, inoltre, emergere dalla collaborazione di Maha Abdelrahman, la professoressa e tutor di Giulio Regeni all’università di Cambridge, che per anni si è trincerata nel silenzio ma ora sembra disposta a raccontare la sua verità
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto