Regeni, i pm di Roma: "Torturato in più fasi, quattro i tentativi di depistare le indagini"

Il procuratore Michele Prestipino e il pm Sergio Colaiocco ascoltati dalla comissione d'inchiesta sull'uccisione del ragazzo. Gli inquirenti: "Era stretto nella regnatela dei servizi egiziani"

"Intorno a Giulio Regeni è stata stretta una ragnatela dalla National security egiziana già dall'ottobre prima del rapimento e omicidio. Una ragnatela in cui gli apparati si sono serviti delle persone più vicine a Giulio al Cairo tra cui il suo coinquilino avvocato, il sindacalista degli ambulanti e Noura Whaby, la sua amica che lo aiutava nelle traduzioni". Lo afferma il pm Sergio Colaiocco ascoltato, davanti alla commissione di inchiesta sulla morte di Regeni, con il procuratore Michele Prestipino, che a sua volta spiega come i tentativi di depistare le indagini siano stati quattro. "Non faremo sconti a nessuno e andremo fino in fondo" assicura il presidente della commissione d'inchiesta Erasmo Palazzotto. "Abbiamo iniziato i lavori con l'audizione della procura di Roma, riconoscendo il prezioso lavoro fatto in questi anni, utilizzeremo tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per contribuire in modo determinante alla ricerca della verità".

Dice Prestipino: "C'è una difficoltà nel coordinare la nostra attività giudiziaria con l'iniziativa giudiziaria dell'Egitto anche perché tra i due Paesi non ci sono accordi di cooperazione giudiziaria. Nonostante tutte queste difficoltà posso affermare che abbiamo raggiunto fin qui risultati estremamente positivi. Siamo riusciti grazie alla straordinaria capacità dei nostri reparti investigativi, Sco e Ros, a ricostruire il perimetro di quanto accaduto in quel lasso temporale". Prestipino ha aggiunto "siamo riusciti a ricostruire il contesto dell'omicidio, i giorni precedenti al sequestro, l'attività degli apparati egiziani nei confronti di Giulio culminata col sequestro, riuscendo a sgomberare il campo da ipotesi fantasiose sul sequestro, dall'attività spionistica alla rapina. Ipotesi messe definitivamente da parte. Abbiamo individuato soggetti indiziati che per questo sono stati iscritti nel registro degli indagati".

Impresa non facile, visti i tentativi di ingannare gli inquirenti. "Nell'immediatezza dei fatti sono stati fabbricati dei falsi per depistare le indagini - spiega Colaiocco - in primis, l'autopsia svolta al Cairo che fa ritenere il decesso legato a traumi compatibili con un incidente stradale. Altro depistaggio è stato quello di collegare la morte di Giulio a un movente sessuale: Regeni viene fatto ritrovare nudo". Il pm di piazzale Clodio aggiunge che "esistono altri due rilevanti tentativi di sviare le indagini. "Il primo alla vigilia della nostra trasferta del 14 marzo del 2016. Due giorni prima un ingegnere parla alla tv egiziana raccontando di avere visto Regeni litigare con una persona straniera non lontano dal consolato italiano e fissa alle 17 del 24 gennaio l'evento. E' tuttavia emerso che il racconto è falso e ciò è dimostrato dal traffico telefonico dell'ingegnere che lo colloca a chilometri di distanza dal nostro consolato sia dal fatto che Giulio a quell'ora stava guardando un film su internet a casa". Successivamente "il soggetto che ha messo in atto il tentativo di depistaggio ha ammesso di avere ricevuto quelle istruzioni da un ufficiale della Sicurezza nazionale che faceva parte, tra l'altro, del team investigativo congiunto italo egiziano. Un depistaggio voluto per tutelare - ha raccontato l'ingegnere - l'immagine dell'Egitto e incolpare stranieri per la morte di Regenì. Su questo episodio non ci risulta che la Procura del Cairo abbia mai incriminato nessuno. Il quarto tentativo di depistaggio è legato all'uccisione di cinque soggetti appartenenti a una banda criminale morti nel corso di uno scontro a fuoco. Per gli inquirenti egiziani erano stati loro gli autori dell'omicidio".

 

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