Regionali, il nodo Serracchiani si scioglierà in estate

UDINE. Almeno fino al mese di luglio inoltrato sarà probabilmente inutile scervellarsi e spremersi le meningi sul futuro politico di Debora Serracchiani. La presidente, infatti, non scioglierà le riserve sulla possibilità di ricandidarsi o meno alla guida della Regione nel 2018 prima dell’estate.
Inutile, quindi, insistere nel pressing – come sta avvenendo da parte di alcuni settori del Pd – nei suoi confronti perché Serracchiani, da qui ai prossimi due mesi, non ha alcuna intenzione di sbilanciarsi. E lo ha ribadito anche mercoledì, nel corso della segreteria regionale del partito in cui alcuni esponenti dem le hanno chiesto di fare chiarezza per capire se e come muoversi in vista delle Regionali.
Niente da fare, la presidente ha ricordato come nel 2012 decise di candidarsi alla guida del Fvg soltanto il 21 luglio – con le elezioni in programma nell’aprile dell’anno successivo – e che dunque non ci sia alcuna fretta. Non di cominciare a stendere un testo elettorale, e verificare la possibilità di convergenze e alleanze locali sia chiaro, perché il via libera a quella che in campo progressista amano chiamare piattaforma programmatica è garantito da sempre, bensì “semplicemente” per la scelta su chi sarà chiamato a guidare le truppe verso il tentativo di riconquista di piazza Unità.
Un ragionamento che ha una sua razionalità di fondo, per quanto non condivisa da tutti, e che non banalmente fissa l’orizzonte temporale della scelta sull’estate. Nel lasso di tempo che separa il Paese e la regione da luglio, infatti, ci sarà il tempo per analizzare risultati e flussi delle amministrative dell’11 giugno, tappa fondamentale per valutare lo stato di salute del centrosinistra. Anche, ma per noi soprattutto, in Fvg dove dopo le scoppole dello scorso anno il Pd non può permettersi una terza sberla consecutiva.
Ma è importante, per non dire vitale, anche verificare quello che accadrà a Roma perché, nonostante le smentite, i venti di possibili elezioni Politiche anticipate non si sono ancora fermati. Anzi, da Palazzo si mormora come Matteo Renzi pensi ancora alla possibilità di portare l’Italia alle urne addirittura nei primi giorni di ottobre quindi in anticipo rispetto all’avvio della procedura per la definizione della legge di Stabilità. E in quel caso, calendario alla mano, servirebbe un decreto di scioglimento delle Camere proprio tra il 20 luglio e la prima metà di agosto.
Già, Roma dove, ben in anticipo rispetto all’estate, il segretario nazionale del Pd dovrà definire la squadra di governo per il partito con i fari puntati – a Nordest – sulla presenza o meno di Serracchiani che fino a domenica scorsa vestiva i panni della numero due con in mano anche le deleghe a trasporti e infrastrutture. Un particolare, quello della conferma o meno in segreteria, tutt’altro che banale per capire l’attuale peso di Serracchiani all’interno del partito e, quindi, analizzarne le prospettive future.
Le variabili in campo, dunque, sono parecchie, ma questo periodo di sede vacante (della candidatura a prossimo presidente) regala, quantomeno, due momentanee certezze. Sergio Bolzonello dovrà attendere ancora prima di ottenere l’imprimatur di candidato governatore – sempre che il centrosinistra trovi la quadra sul suo nome senza passare per le primarie – e la successione a Serracchiani è ancora un tabù. Anzi, rispetto a qualche mese fa – sussurrano in ambienti dem – le percentuali che Serracchiani decida di sfidare centrodestra e M5s in Regione sono in rialzo. Forse non ancora maggioritarie, ma sicuramente più forti del recente passato.
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