Regione, Fedriga a caccia di nomi per il bilancio e la sanità

Possibile ricorso a tecnici esterni. Da sciogliere anche il nodo sugli enti locali. Bordon può lasciare Trento e diventare il numero uno della Direzione salute

UDINE. L’opera di tessitura di Massimiliano Fedriga non è delle più semplici, come sempre accade quando si ragiona a livello di una coalizione, ma, passo dopo passo, procede infilando un tassello dietro l’altro.

Il neo presidente della Regione, infatti, ha promesso una definizione rapida della squadra di governo che lo accompagnerà nei prossimi cinque anni, ma certamente, al di là delle richieste dei partiti politici, ci sono almeno un paio di deleghe, pesanti, da assegnare con sagacia e perizia e che, alla fine, potrebbero anche finire nelle mani di esperti tecnici pescati all’esterno dei movimenti.



Parliamo, nel dettaglio, degli assessorati a Bilancio e Finanze, Enti Locali – fondamentale per riscrivere la riforma targata Paolo Panontin che nelle intenzioni del centrodestra verrà smontata punto su punto – e, soprattutto, Sanità. La delega al sistema Salute, tra l’altro, dovrebbe essere affiancata anche da quella alla Disabilità – che verrà creata ex novo per volontà del governatore – e chiave per ristrutturare un sistema finito nel tritacarne della campagna elettorale come uno dei principali cavalli di battaglia dei conservatori.

A proposito di sanità, poi, si fanno sempre più insistenti le voci attorno al possibile ritorno in Fvg di Paolo Bordon. All’attuale direttore dell’Azienda provinciale di Trento, infatti, verrebbe garantito il ruolo di numero uno della Direzione salute del Fvg, attualmente retta ad interim, dopo il passaggio di Adriano Marcolongo all’Azienda ospedaliero-universitaria di Trieste, da Paolo Pischiutti.

Bordon, però, ha in mano, a Trento, un contratto valido fino al 2021 da 175 mila euro lordi annui, aumentabile fino a un massimo del 30% in base agli obiettivi raggiunti e per convincerlo a “rientrare” – non prima del prossimo agosto – in regione, il centrodestra potrebbe anche eliminare il tetto massimo alle retribuzioni deciso da Debora Serracchiani nel 2014 e pari a 150 mila euro lordi annui senza premi.

Al di là dei ruoli tecnici, in ogni caso, il nodo è essenzialmente legato a quelli politici. Dato per assodato il posto di vicepresidente a Riccardo Riccardi – cui andranno sicuramente le Infrastrutture e forse la Protezione Civile –, è molto probabile che in giunta entri anche di Barbara Zilli con almeno la delega alla Montagna. L’ingresso nell’esecutivo della leghista, inoltre, scatenerebbe un piccolo effetto domino. In primis, entrando nel dettaglio, va ricordato come l’esponente del Carroccio debba ancora scegliere la circoscrizione di elezione.

Qualora optasse per Udine, in Consiglio si recupererebbe il sindaco di Cercivento Luca Boschetti. Se, invece, scegliesse Tolmezzo, allora le porte di piazza Oberdan si spalancherebbero per Lorenzo Tosolini. Uno dei due, quindi, rimarrà comunque fuori evidenziando un problema che, appunto, verrebbe risolto con la “promozione” ad assessore di Zilli (che occuperebbe anche uno dei tre slot obbligatoriamente riservati alle donne) e il correlato obbligo di dimissioni da consigliere.

In questo scenario, inoltre, pare difficile pensare a un contemporaneo ingresso in giunta anche di Stefano Mazzolini. Non soltanto perché l’ex presidente di Promotur non pare intenzionato a lasciare lo scranno in Consiglio e perché due assessori dell’Alto Friuli paiono, onestamente, troppi, ma anche per un problema squisitamente elettorale.

Se Zilli dovesse scegliere il collegio di Tolmezzo per la nomina ed entrasse in giunta assieme a Mazzolini, nell’Alto Friuli verrebbe, nei fatti, a mancare un eletto della Lega visto il solo Boschetti a completare la mini-lista da tre nomi. Cosa succederebbe, quindi? La legge elettorale non lo specifica, disegnando un vuoto normativo che lascia spazio a ricorsi e, in estremo, anche alla possibilità di perdere un consigliere di maggioranza e trovarsi con 28 consiglieri invece di 29.

Una situazione, con le debite proporzioni, simile a quanto accaduto in Sicilia con il M5s alle Politiche. Sull’isola i grillini hanno esaurito le liste di proporzionale a causa dei “troppi” voti raccolti con la decisione sull’eletto in più cui, teoricamente, avrebbero diritto in mano alla giunta per le elezioni del Senato. Difficile, dunque, pensare che Fedriga vada incontro a un guazzabuglio del genere portandosi in giunta sia Zilli che Mazzolini.

Passando a Fratelli d’Italia, poi, paiono crollare le chance di Dusy Marcolin e Alessandro Basso. In casa dei meloniani, infatti, la provincia di Pordenone vanta già il sindaco del capoluogo e un senatore (Luca Ciriani), Udine un onorevole (Walter Rizzetto), mentre Trieste, attualmente, è rimasta a bocca asciutta.

Se a questo, poi, ci aggiungiamo il pour parler di prima del voto tra Fedriga e i vertici regionali di Fdi, il teorema porta dritti a Fabio Scoccimarro (tra l’altro non candidatosi per sostenere la corsa di Claudio Giacomelli) cui potrebbero andare le deleghe allo Sport e alla Cultura.

E se ProgettoFvg punta in alto sperando in due assessori, ma potrebbe doversi accontentare di uno (più Sergio Bini che Mauro Di Bert anche in virtù della poca disponibilità di quest’ultimo a dimettersi), Forza Italia, oltre a Riccardi, cerca una quadratura del cerchio che garantisca agli azzurri un altro esponente in giunta (con ogni probabilità una donna pordenonese) e la presidenza del Consiglio regionale in favore di Ettore Romoli, resta da sciogliere il nodo Ar.

Il movimento di Renzo Tondo dovrebbe – ma non è sicuro – ottenere un assessore. Il nome? I numeri dicono Giuseppe Sibau che, lasciando l’Aula, farebbe entrare a piazza Oberdan Paride Cargnelutti, ma attenzione allo stesso ex vicepresidente del Consiglio Fvg oltre alle ambizioni di Alessandro Colautti.

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