Resta a terra l'aereo che doveva diventare una gelateria a Fontanafredda

Il post su Fb del sindaco di Sacile: «Rappresentazione di una tristissima storia.» Il velivolo doveva ospitare un locale pubblico. «I permessi? Mai arrivati»

FONTANAFREDDA. I colori sono sbiaditi come quelli della sua ex flotta nazionale in crisi e la carcassa è arrugginita: il Caravelle dell’Alitalia, “parcheggiato” sul confine tra Ceolini e Porcia è diventato la meta di un “pellegrinaggio” sociale. «A Ceolini di Fontanafredda si vede la rappresentazione plastica delle tristissime pagine di storia che si stanno scrivendo – è stato il commento su Facebook del sindaco di Sacile, Roberto Ceraolo –. Povera Alitalia e povera Italia».

Un curioso in arrivo da Pordenone si è concesso una battuta. «Chissà se nella proposta di vendita della flotta Alitalia in crisi nera è compreso l’aereo di Ceolini?». Si guarda da lontano, in mezzo a un campo privato.
Il vecchio aereo di Ceolini ha i carrelli con le ruote gonfie e bene appoggiate al terreno, ma non prende il volo. L’idea del suo proprietario, Rino De Marco, era quella di trasformare il velivolo in gelateria oppure pizzeria. Progetto mai decollato. «Roba di 30-40 anni fa da dimenticare – ha tagliato corto la signora De Marco –. Meglio voltare pagina, perché siamo stati in ambasce per questo progetto e abbiamo avuto problemi, tanti dispiaceri». Ma l’areo che fine farà? «Rimarrà dove si è posato tanti anni fa, nel prato – ha concluso la signora De Marco –. Fino a quando cadrà a pezzi in modo naturale. È stato un grande sogno di mio marito, ma è molto meglio dimenticarlo».

Bloccato il decollo della gelateria Caravelle Alitalia a Ceolini: il via libera sanitario non è mai arrivato. Il progetto dell’impresario Rino De Marco, 75 anni, è rimasto un’utopia. Per De Marco, nonno del pilota di Formula 3 Nicola, le sfide sono sempre state il sale della vita: anche quella dell’aereo che è ancorato nel giardino di casa. «Il Caravelle – aveva raccontato De Marco qualche anno fa – fu acquistato dall’Alitalia nel 1981: mi era sempre piaciuto. La compagnia di bandiera ne mise in vendita tre: appena restaurati, ma per una serie di vicende non li fece più volare e furono ceduti». Uno è planato a Ceolini. De Marco lo chiama il “Procione” e lo portò a casa per 25 milioni di lire: l’idea era di riciclarlo in pizzeria.

Sul terreno a Ceolini De Marco ottenne i permessi: quello per il deposito e anche per la realizzazione dello stabile in cemento che sarebbe stato il laboratorio artigianale del gelato. Coppe da servire a bordo, in stile “American graffiti” o come si dice post moderno. Ma qualcosa non ha funzionato. «Mi costò quasi di più il trasporto – ha raccontato più volte l’imprenditore – da Tessera a Ceolini. Noleggiai due camion speciali riadattati per caricare la carlinga, le ali e la coda: un viaggio-odissea e poi ricomposti sul terreno di 7 mila metri quadrati, vicino al campo sportivo». De Marco ottenne il via libera dal Comune, ma la vecchia Usl si impuntò.

Le norme igienico-sanitarie hanno bloccato il decollo della gelateria Alitalia a Ceolini. «In aereo non si distribuiscono gelati – ha ricordato lo stop dell’Usl –. Quell’unico sì che mancava non è mai arrivato, ma l’Ici è sempre stata puntale e l’ho pagata».
Sfumato il sogno e il business. «Avrei potuto dare lavoro a una dozzina di persone – è il rammarico per De Marco –. Ho smontato cabina e sedili, in un deposito: sono sempre pronti per l’uso».
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