Il riassetto delle banche nel Friuli Occidentale: in 15 anni persi 737 posti di lavoro
Nel frattempo di è potenziata la presenza degli istituti di credito cooperativo. Tendenza diversa in città, dove si registrano quattro recenti aperture
La geografia delle banche nel Friuli occidentale è cambiata profondamente negli ultimi quindici anni. A tracciare il quadro, sulla scorta dei dati della banca d’Italia, è la Federazione autonoma bancari italiani (Fabi) di Pordenone. Se nel 2008 si contavano nella Destra Tagliamento 231 sportelli operativi, dei quali 46 appartenenti alle banche di credito cooperativo, al 31 dicembre 2023 invece figuravano 140 sportelli, dei quali 54 del circuito Bcc. Novantuno filiali sul territorio hanno chiuso i battenti.
«La desertificazione bancaria non ha riguardato i grandi centri, ma i piccoli paesi – l’analisi di Michele Baù, segretario coordinatore Fabi di Pordenone e membro del comitato direttivo centrale Fabi –. Le banche di credito cooperativo si sono inserite in questi segmento, riempiendo i vuoti lasciati dalle banche ordinarie del circuito Abi».
A pesare nella scelta di dismissione, secondo Fabi, la drastica riduzione dei tassi di interesse nell’ultimo decennio, che ha comportato per alcuni istituti di credito un minore interesse verso il segmento di mercato medio-basso. L’anno scorso i Comuni del Pordenonese serviti da banche erano 34.
Negli ultimi anni, invece, si sta notando un nuovo dinamismo delle banche a Pordenone. «Con la ripresa dei tassi, abbiamo assistito anche a un maggiore interesse, da parte delle banche ordinarie di credito, per le imprese e le famiglie» spiega il dirigente sindacale, precisando che le banche risentono delle variabili di mercato e delle dinamiche globali, non sempre governabili o prevedibili.
Si sono registrate nuove aperture di sportelli in città: due l’anno scorso e due quest’anno, fra l’altro a pochi metri di distanza l’una dall’altra in viale Marconi.
«È un segnale di attrattività del territorio pordenonese» sottolinea Baù, affiancato da Paolo Muccignato, segretario provinciale Fabi e da Federico Marian, segretario amministrativo provinciale.
Anche l’occupazione nel comparto è sensibilmente calata. Basti pensare che i dipendenti degli istituti di credito al 31 dicembre 2009 erano 1.701. Ora sono 964. Si sono persi 737 posti di lavoro. «Negli ultimi dieci anni – valuta Baù, gli istituti di credito hanno avuto una forte riduzione di organico per le fusioni bancarie».
L’home banking, poi ha dato una spinta enorme all’automazione degli sportelli. «Per molti clienti, non solo anziani, che desiderano avere un rapporto umano con la propria banca, le nuove modalità hanno creato forti disagi. Tanto che molti clienti hanno chiuso il conto e sono passati al credito cooperativo» aggiunge Baù.
Nell’ultima decade si sta vivendo anche un ricambio generazionale nel settore, complici anche i prepensionamenti. Il sindacato sta contenendo la deriva occupazionale, mantenendo l’equilibrio fra uscite e assunzioni. Il sindacato esprime preoccupazione, tuttavia, per la ricaduta occupazionale derivante dalle nuove tecnologie legate all’intelligenza artificiale. «Al di là delle buone intenzioni, è destinata ad avere un impatto enorme» prevede Baù.
Si teme una nuova stagione di aggregazioni bancarie, che potrebbe comportare un’ulteriore riduzione degli addetti. Il sindacato ha colto elementi di tensione in alcuni management per l’esternalizzazione dei servizi non legati al core business. A fronte di questi rischi che potrebbero intaccare i lavoratori, Fabi, con l’ultimo contratto collettivo nazionale del lavoro, è andato a rafforzare gli strumenti dell’area contrattuale.
Il sistema bancario gode intanto di ottima salute. «Negli ultimi 6-7 anni si è rafforzato il coefficiente patrimoniale, come hanno testimoniato gli stress test della Banca centrale europea: le banche italiane sono più robuste» sottolinea Baù.
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