Il ricordo di Marco Menazzi Moretti, l’ultimo erede della birra del Baffone: «Un uomo generoso che amava il suo Friuli»

Il manager è morto a fine dicembre negli Stati Uniti. Durante la commemorazione al Tempio Ossario a Udine è stato suonato il brano jazz «When the saints go marching in»

Simone Narduzzi
I familiari: in primo piano, a sinistra, Luigi Menazzi Moretti. Foto Petrussi
I familiari: in primo piano, a sinistra, Luigi Menazzi Moretti. Foto Petrussi

L’abbraccio della sua gente: familiari e amici. Del suo Friuli. Quello a cui lui stesso, un domani non troppo lontano, avrebbe voluto riunirsi, al raggiungimento dell’età pensionabile. Marco Menazzi Moretti, però, è morto a fine dicembre a 62 anni, in New Jersey, negli Stati Uniti: a ricordarlo sabato 22 febbraio, nella cripta del Tempio Ossario, in piazza XXVI Luglio, il padre Luigi. E poi quanti hanno voluto onorar la memoria dell’ultimo erede della dinastia birraia udinese.

«Uomo generoso, dolce e appassionato»: nelle parole espresse da don Davide Larice in predica il ritratto che, sorridente, da una foto ha osservato i presenti – un centinaio – giunti per dargli l’ultimo saluto.

Una bandiera tricolore all’ingresso del sacrario, fiori e un pieghevole contenente due immagini del caro defunto, adulto e bambino: «When the saints go marching in», la citazione gospel, la preferita di Marco. In inglese: nato nel 1962 a Monaco di Baviera, dove papà Luigi e mamma Laura Camerini si trovavano per ragioni lavorative, Marco Menazzi Moretti aveva trascorso la giovinezza in Friuli prima di trasferirsi, laurearsi e incanalarsi lavorativamente Oltreoceano, al Banco di Roma di New York. «Non mancava di dar supporto all’impresa di famiglia», ha voluto sottolineare don Larice.

Fra un banco e l’altro, in preghiera, ecco allora gli ex dipendenti, che di Marco tuttora conservano un ricordo prezioso. Ma non mancano i vecchi compagni di classe. Tra loro, Piero Cozzi, oggi affermato sassofonista: dal suo strumento, note commosse. «When the saints go marching». Appassionato di musica jazz, Marco ha marciato, già in vita. Nelle sue tappe in Friuli ha sciato, dando poi sfogo alla sua passione, conclamata, per la barca a vela.

Nel corso della cerimonia, storie di vita si mescolano all’epopea Moretti, il Tempio Ossario stesso costruito al termine della Grande Guerra su un terreno regalato da Luigi Moretti nel 1914. «Vivevamo a cinquanta metri da qui – il ricordo di papà Luigi –, mentre il nostro stabilimento era di poco più lontano». Quindi lo sfogo e il dolore: «Mi domando come sia successo che non sia andato via da questa vita prima io di lui», è la domanda senza rassegnazione.

Nel momento di tristezza condivisa, don Larice ha utilizzato parole di conforto legate alle Sacre scritture, ma anche all’opera di padre David Maria Turoldo. Ma la sua chiosa, ancora una volta, è stata verso quell’uomo «dotato di qualità fondamentali per questo mondo così difficile: onestà, semplicità e impegno. Questi gli aspetti che ne rappresentavano la vera saggezza». Gli stessi che hanno accompagnato Marco nella sua ultima marcia. Note jazz in sottofondo, tutt’intorno familiari e amici. 

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