Rimborsata ex socia di BpVi: «Io non mi sono mai arresa, ma non mi fido più delle banche»

UDINE. Dice che non si fida più delle banche. Ma invita i risparmiatori come lei, che hanno perso capitali, eredità, somme accumulate in una vita di lavoro con le azioni di BpVi, a tenere alta la guardia per far valere i propri diritti.
Denise Di Brazzà, pensionata di Pasian di Prato, un passato lavorativo da segretaria di direzione e impiegata commerciale, è una delle poche persone in Friuli che ha già ricevuto la prima tranche dei rimborsi statali del Fir, il Fondo indennizzi istituito due anni fa dal governo con una dotazione di 1,5 miliardi di euro.
Una storia simile a molte altre, la sua. Ma la signora Di Brazzà ha avuto il merito di non mollare mai, nemmeno nei momenti più difficili di un braccio di ferro che dura da più di 6 anni.
Come ha deciso di investire in azioni?
«Avevo ricevuto una piccola eredità dai miei genitori e con il mio denaro risparmiato nel tempo, nel 2010 avevo deciso di fare quel passo. BpVi, allora, era la banca locale di cui tutti ci fidavamo. Tutti dicevano che era una buona cosa, che la banca era solida e i soldi al sicuro. A ogni assemblea c’era sempre un po’ di dividendo».
Poi cosa accadde?
«Nel 2014 mi proposero di aderire all’aumento di capitale al quale partecipai, acquistando un certo numero di titoli in percentuale a quelli che avevo già in portafoglio. Verso la fine di quell’anno scoppiò il caso di Etruria, in più si parlava delle Popolari che dovevano trasformarsi in società per azioni.
Mi consultai con mio marito e decidemmo di vendere le nostre azioni. Per mesi dovetti insistere con i funzionari della mia filiale, ma non ci fu verso. A gennaio 2015, dopo mille insistenze, mi comunicarono che era impossibile vendere. Minacciai denunce, ma non ci fu nulla da fare».
La valanga che travolse tutto era già in moto, poi seguirono anni da incubo...
«Mi rivolsi subito all’avvocato Puschiasis per avere assistenza. Andai all’assemblea di Vicenza dove si decise per il passaggio alla Spa, lì conobbi Barbara Venuti (attivista di Consumatori attivi) e lì abbiamo cominciato la battaglia. Quelli andati in fumo erano i risparmi che dovevano garantire a me e a mio marito una vecchiaia serena».
Lei è sempre stata in prima linea.
«Sono anche andata in piazza, a tutte le assemblee fatte dalla BpVi, sono stata a Roma a protestare davanti al Parlamento. E un paio di volte a Mestre nell’aula bunker per il processo Zonin».
Quando ha fatto la domanda per i rimborsi?
«A dicembre 2019, mio marito a gennaio 2020. Quando la banca proponeva il famoso 15% mi avevano detto “ti conviene prendere questi soldi perchè non ci sarà nessuna possibilità di prendere altro”. Io invece sono andata avanti perchè non accettavo quello che consideravo un ricatto».
Da pochi giorni sul suo conto corrente c’è quella benedetta cifra, il 40% del 30% spettante. Qual è stato il suo primo pensiero?
«Ero convinta che prima o poi i soldi sarebbero arrivati, mio marito invece era scettico, sfiduciato. Dico che sarebbe ottimo ricevere il resto di quanto ci spetta».
Cosa farà di questa somma?
«Non lo so ancora, penso di tenermela per la vecchiaia. Non mi manca niente, chiedo solo la salute per mio marito. Per il momento dobbiamo stare tranquilli, c’è la crisi, c’è la pandemia, non mi faccio nessun regalo».
C’è qualcuno che deve ringraziare per questa vittoria?
«Consumatori attivi, l’avvocato Puschiasis, Barbara Venuti che con me ha portato avanti la battaglia. Noi ci credevamo che il governo doveva intervenire in qualche maniera. Sarebbe stato quasi impossibile arrivare a questo risultato senza le associazioni di tutela dei consumatori».
Si fida ancora delle banche?
«No, parliamoci chiaro, con quello che si legge sui giornali, è impossibile. Mi dispiace che non ci sia stato un politico friulano che si sia interessato a portare avanti le nostre istanze, mi sono meravigliata di questo. E poi pochi friulani hanno protestato, troppa gente si è quasi vergognata, come fosse stata una colpa aver perduto quel denaro». —
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