Rimborsi ai truffati, rischio tempi biblici: senza l’ok dell’Ue entro fine giugno se ne riparla nel 2020

Sembra non esserci mai fine alle tribolazioni degli ex soci di Banca popolare di Vicenza e Veneto Banca. Sono più di 15 mila solo in Friuli Venezia Giulia quelli che ieri attendevano buone notizie dal Consiglio dei ministri. E invece, per vedere il becco di un quattrino, dovranno attendere ancora. E chissà quanto. Perché la vicenda del Fir (Fondo indennizzi risparmiatori) è tutto fuorché conclusa.
Tra liti e tensioni di governo e imposizioni dell’Unione europea, i decreti che dovranno dare linfa vitale al Fir, non hanno visto la luce. Un bel guaio, perchè il tempo stringe e chi è in difficoltà finanziarie per colpa dei crac delle ex Popolari, fa sempre più fatica a tirare avanti. Aggiungiamo che il recupero crediti da parte di Intesa (che nel giugno 2017 acquistò per un euro gli asset positivi di BpVi e Vb) e della Sga (Società gestione attività) è operativo da qualche settimana. Vale a dire che i funzionari del recupero vengono a bussare alla porta di coloro che, oltre ad aver acquistato azioni delle due ex Popolari, avevano acceso mutui o stipulato prestiti, le cui rate sono oggi da rimborsare. Insomma piove sempre sul bagnato, verrebbe da dire.
IL CRAC DELLA BANCA POPOLARE DI VICENZA
A rendere ancora più fosco il quadro è l’imminente scadenza elettorale per le Europee. Centinaia di milioni di cittadini di 26 Paesi saranno chiamati a rinnovare il Parlamento di Strasburgo, ma nel contempo gli attuali commissari Ue, cioè i ministri europei, decadranno per gli affari straordinari a partire dal primo luglio 2019. Quindi, visto che un eventuale decreto attuativo per il Fondo ristori dovrà necessariamente passare per il vaglio della Commissione di Bruxelles, si fanno presto due conti.
In pratica c’è tempo fino al 30 giugno per l’ok all’eventuale provvedimento del governo italiano. Oppure se ne riparlerà appena nel 2020, quando la nuova Commissione si sarà insediata. Insomma un allungamento dei tempi che potrebbe diventare insostenibile per chi da ormai 4 anni sta combattendo una battaglia per riavere i propri soldi e ogni volta che sembra essere vicino al traguardo, vede sempre allontanarsi una soluzione positiva.
PER APPROFONDIRE
Una storia, quella degli ex azionisti di Pop Vicenza e Veneto Banca che rappresenta il più grande dissesto finanziario della Repubblica. Un report del Codacons illustra bene la situazione. BpVi ha bruciato, con le azioni crollate da 62,50 euro a zero, 8,75 miliardi di euro, mentre Vb, con le azioni precipitate da 42 euro a zero, ne ha divorati 6,5 di miliardi. E di tutta questa montagna di soldi, ben 1,6 miliardi sono andati in fumo in Friuli Venezia Giulia. Una perdita di ricchezza che tanti cittadini della regione, in particolare delle province di Udine e di Pordenone, stanno scontando ancora. E le vicende personali dei coinvolti nel crac sono drammatiche. C’è chi aveva una sicurezza economica e in pochi mesi è caduto nella miseria, perchè aveva investito tutti i suoi averi nelle azioni che i dirigenti e gli amministratori dell’epoca, assicuravano fossero a prova di bomba. E invece si è visto come è andata.
Ci sono aziende finite quasi sul lastrico a causa delle medesime azioni, imprenditori che hanno perduto gli accantonamenti di decenni di lavoro, nell’edilizia, nella meccanica, nel commercio. Ma c’è anche chi aveva ereditato dai genitori quel gruzzoletto depositato in banca e se l’è visto svanire in un attimo. Basti pensare ai “vecchi” azionisti della Popolare Udinese che, nel 1998, fu inglobata dall’allora rampante BpVi del “padre-padrone” Gianni Zonin, l’imprenditore-banchiere oggi a processo con le accuse di essere uno dei responsabili maggiori del fallimento della banca. E anche per questi ultimi nessuna certezza dei risarcimenti, nè se dovranno passare attraverso l’arbitrato, nè se avranno diritto a un rimborso. Encomiabile è stata l’azione delle associazioni di tutela, in particolare quella di Consumatori attivi di Udine della presidente Barbara Puschiasis, ma al momento la luce in fondo al tunnel non si vede.
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