Risparmi in fumo: promotore finanziario e banca condannati
UDINE. Colpevoli di «imprudente gestione degli investimenti dei capitali» dei loro clienti. E, per questo, condannati a risarcirli in solido dei danni subìti, per un totale di 17 mila 500 euro. È quanto ha stabilito il tribunale civile di Udine, con sentenza di pochi giorni fa, accogliendo la causa promossa da una coppia di anziani coniugi friulani contro la Banca Fideuram di Udine e un suo ex promotore finanziario di Manzano.
Non una somma da capogiro, quella portata al centro del procedimento, ma una cifra pur sempre significativa, considerato che a mandarla in fumo sarebbe stata proprio la condotta dell’istituto al quale quei risparmi erano stati affidati.
«L’intermediario finanziario che sia venuto meno all’obbligo di fornire al cliente le informazioni sui rischi cui si esponeva con l’investimento mobiliare - recita il dispositivo a firma del collegio giudicante presieduto da Alessandra Bottan (a latere il giudice relatore Gianfranco Pellizzoni e la collega Mimma Grisafi) - è responsabile delle conseguenze dannose da esso derivanti».
Dal punto di vista giudiziario, la vicenda era cominciata già nel dicembre del 2002, con la denuncia-querela che la coppia, assistita dall’avvocato Carlo Monai, aveva sporto contro il solo ex promotore finanziario per le ipotesi di reato di appropriazione indebita, truffa e falso.
Nel mirino, tra le altre cose, la presunta falsificazione della firma in calce a un assegno da 10 milioni di vecchie lire addebitato sul loro conto. Il caso si era chiuso con il patteggiamento della pena a 1 anno e 6 mesi di reclusione e mille euro di multa (sospesa con la condizionale).
Cinque anni dopo, l’atto di citazione notificato allo stesso professionista e alla banca per conto della quale aveva seguito la coppia di correntisti. Oggetto della causa: “responsabilità da servizi di intermediazione finanziaria”.
Era stato poi il consulente tecnico incaricato dal tribunale di accertare la bontà delle operazioni contestate a ridimensionare la portata delle perdite: non 52 mila euro, come lamentate dai coniugi, bensì 17 mila 500. Messi a disposizione dell’istituto di credito 158 mila 157 euro, le operazioni di investimento mobiliare avevano fruttato risultati positivi pari rispettivamente a 564 e 1.099 euro con altrettanti strumenti finanziari e risultati negativi pari a 13 mila 422 e 577 euro con altri due prodotti, con una minusvalenza complessiva di 12 mila 335 euro.
Perdita alla quale era stato aggiunto l’addebito per un assegno di 5 mila 164 euro effettuato senza alcuna apparente giustificazione sul conto corrente della coppia dall’allora promotore finanziario a favore di una terza persona.
A determinare la responsabilità della banca e del suo consulente, a parere della Corte, è stata l’errata valutazione del profilo di rischio dei clienti. «Un pensionato 70enne e una casalinga 68enne senza pregresse esperienze in materia d’investimenti finanziari - si legge in sentenza -. Clienti che, quindi, dovevano essere considerati con una propensione al rischio minima, volta principalmente alla conservazione del capitale investito».
Da qui, le conclusioni dei giudici sullo «sbilanciamento degli investimenti sotto il profilo del rischio» e sulla conseguente necessità da parte della banca «di astenersi da tali operazioni o, in alternativa, di informare i clienti dei rischi che l’aumento dell’investimento nel comparto azionario e obbligazionario poteva comportare. Ottenendo quindi uno specifico consenso scritto». Adempimenti che l’istruttoria ha dimostrato non essere stati rispettati.
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