Ritrovata la tomba del nonno disperso nella grande guerra

CAMINO AL TAGLIAMENTO. Quando i cannoni della Grande guerra finalmente tacquero, la gente cercò di tornare a una qualche forma di normalità. Ma i focolari erano ancora spenti, i campi disabitati, i cuori a pezzi. Quando senti dire «disperso in guerra», non sai se tuo padre, tuo fratello o tuo figlio sono vivi o morti, non sai se torneranno.
Ti porti dentro questa ferita che sanguina, sempre e comunque. Il sangue si mescola alle lacrime silenziose della gente, sacre. Qui in Friuli, come in molte altre parti d’Italia e d’Europa, si narrano tante storie di chi è sparito nell’«inutile strage».
Come Emilio (Emidio all’anagrafe) Tonizzo da Gorizzo, classe 1880, soldato del secondo battaglione territoriale. La sua famiglia seppe soltanto che era disperso: l’unico luogo dove deporre un fiore e una preghiera fu per tanti anni la lapide con cui Camino ricorda i propri figli caduti dispersi in guerra: un nome scolpito, niente più.
È passato un secolo da quella guerra, da quel non ritorno di Emilio, ma nella sua famiglia nessuno ha mai dimenticato quel vuoto, quel conto in sospeso con la vita e il destino. Così, l’anno scorso, Umberto Di Lorenzo ha cominciato a cercare la tomba del nonno materno.

In municipio lo hanno aiutato mettendogli a disposizione l’archivio storico, dal quale è spuntato il verbale di morte redatto dall’ufficiale di stato civile Gino Pelissoni - traducendo dall’originale in tedesco - il primo agosto 1924 e lì poi dimenticato. Il decesso del soldato Tonizzo, di Luigi e Malisan Giuditta, fatto prigioniero dagli austroungarici dopo la disfatta di Caporetto, era avvenuto per edema polmonare il 12 febbraio 1918 - la sepoltura due giorni dopo - nel campo di prigionia di Milowitz, oggi Milovice, nella Repubblica Ceca. Tomba cinquanta ventisette. Un’emozione immensa e un impegno da portare fino in fondo.
Ecco le coordinate - geografiche e affettive - per il viaggio di Umberto e di sua moglie. Ed ecco il suo racconto: «Arrivati a Praga, l’interprete Zuzana Janska, ci accoglie e ci accompagna a Milovice, cittadina a circa 40 chilometri dall capitale: di qui passarono (è il dato del 10 gennaio 1918) 15.363 prigionieri italiani.
Ad attenderci troviamo il custode Miroslav Cerepustak, che ci accoglie con molta cordialità e disponibilità: anche se non siamo nell’orario di visita, ci accompagna alla croce numero 50/27, che indica la fossa comune dove è sepolto mio nonno.
Emozionati e commossi, vi mettiamo dei fiori, una corona del Rosario e acceso alcuni lumini. La nostra ricerca è finita davanti a questa croce bianca e adesso nel nostro cuore e nella nostra famiglia non c’è più quell’assenza, quel vuoto».
Il cimitero militare internazionale di Milovice - ci racconta ancora Di Lorenzo -, «è un luogo della memoria dove sono sepolti più di seimila prigionieri di guerra», molti morti di malattia certo, ma anche di fame e consunzione (anche se nei verbali si parla spesso, e asetticamente, di decessi per «esaurimento generale o per «edema».
«Qui - aggiunge il nipote - sono sepolti russi, polacchi, cechi, austriaci, ungheresi, serbi, lettoni, lituani, turchi e soprattutto italiani, ben 5.276, il numero più alto in Repubblica ceca, tanto che questo viene chiama “il cimitero degli italiani”. E qui non molto tempo fa è stato eretto un monumento a perenne memoria dei nostri prigionieri di guerra».
Poi con il secondo conflitto arrivano i tedeschi, che però curano la manutenzione del luogo e che qui seppelliscono i propri soldati. Finita anche questa guerra, con l’occupazione sovietica il cimitero finisce nell’oblio. Fino al 1991, quando, caduti i muri a Est, l’ambasciata italiana e il nostro Ministero della difesa cominciano a occuparsi del cimitero, restituendogli un aspetto dignitoso.
Fra tutte queste croci bianche in marmo di Carrara riposa anche il friulano Emilio Tonizzo di Luigi da Gorizzo. Lontano dalla sua terra, eppure adesso più vicino al cuore della sua gente.
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