«Romano è guarito» Nives Meroi pronta a tornare sugli 8mila

L’alpinista tarvisiana: dopo il trapianto va molto meglio. «Sconfiggere il male è stata la nostra scalata più dura».

UDINE. Insieme hanno scalato le più alte e infide montagne e insieme hanno sconfitto una grave e rara malattia. Gli alpinisti tarvisiani Nives Meroi e Romano Benet – la coppia che può vantare la più grande collezione di Ottomila metri – non finiscono di stupire e, «dopo due anni in giro per ospedali», sono pronti a tornar a respirare l’aria sottile.

Tutto è iniziato nel maggio del 2009 sul Kangchenjunga, 8.586 metri di gelo tra Nepal e India. Nives era sul trampolino di lancio per diventare la prima donna ad aver piantato i ramponi sulle cime dei 14 Giganti della Terra, Romano le apriva la strada in mezzo a ghiaccio e neve. Quel giorno lui, ex guardia forestale, era stranamente stanco e non riusciva a salire. Spronò la moglie a proseguire. Ma lei non ebbe alcun dubbio: «Niente vetta senza di te, si torna indietro». I successivi esami clinici evidenziarono una rara malattia. Prima una vana terapia farmacologica, poi un doppio trapianto di midollo.

Mesi difficili di cura. «Adesso va molto meglio – spiega Nives Meroi – e abbiamo già ricominciato ad andare in montagna. Pochi giorni fa siamo saliti sul Gran Paradiso e Romano è parso in gran forma. A ottobre andremo in Nepal per fare una cima di 6.500 metri e testare le sue reazioni in alta quota, poi potremo pensare di nuovo alle grandi montagne».

«Sconfiggere il male – prosegue – è stato il nostro 15º Ottomila, il più duro. Ora non facciamo più programmi ma vogliamo continuare a frequentare l’alta quota»».

Per mesi hanno fatto avanti e indietro tra Tarvisio e Udine, «in giro per ospedali». «Quello che abbiamo imparato in montagna – sottolinea – ci è servito tantissimo in questo frangente. Mettere un passo dietro l’altro, sempre in cordata. Abbiamo portato questo spirito nelle difficoltà della vita di tutti i giorni».

Aggiunge: «Romano è stato 71 giorni in isolamento dopo il trapianto: lo ha vissuto con lo stesso approccio mentale di quando rimanevamo bloccati in tenda per la bufera. È una strategia che impari in montagna, essere responsabili e liberi nelle scelte». Nives e Romano ora tengono conferenze. Tema: «Io sono le montagne che non ho salito». «Parliamo dei successi – sottolinea la scalatrice – ma anche dei fallimenti. È un percorso umano. Ci presentiamo nudi e crudi, raccontando le gioie e le delusioni, come sul Makalu, sull’Annapurna e sul Kangchenjunga». Proprio le tre vette che mancano nello zaino della coppia, ma forse non per molto.

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