Romoli: in Fvg il Pdl non esiste più dai tempi delle elezioni

Il sindaco di Gorizia sostiene che il coordinatore Gottardo si sarebbe dovuto dimettere dopo le regionali
Udine 12 Novembre 2012 Incontro autonomie con Sindaci del friuli Telefoto Copyright Petrussi Foto Press/Serratore
Udine 12 Novembre 2012 Incontro autonomie con Sindaci del friuli Telefoto Copyright Petrussi Foto Press/Serratore

GORIZIA. Un partito, il Pdl, che dopo le sconfitte elettorali di febbraio e aprile si è sciolto come neve al sole. Senza una guida capace, frammentato e senza prospettive. Ettore Romoli conosce molto bene le dinamiche del centrodestra, essendo stato non soltanto uno dei fondatori di Forza Italia in Friuli Venezia Giulia, ma avendo guidato il partito di Berlusconi in regione dal 1996 al 2003.

Dal suo osservatorio di Gorizia (dove ricopre la carica di sindaco), Romoli boccia l’azione dell’attuale coordinatore Isodoro Gottardo, invoca una fase di commissariamento e chiede di ripartire dagli amministratori locali.

Qual è, a suo modo di vedere, lo stato di salute del Pdl in Friuli Venezia Giulia?

«Il partito regionale non esiste. Dopo la batosta elettorale alle politiche e alle regionali, il Pdl si è completamente dissolto. Formalmente un segretario c’è (il coordinatore Gottardo), che rimane attaccato al suo posto pur non essendo in grado di svolgere più alcuna attività politica».

Quindi Gottardo dovrebbe dimettersi?

«Il passo indietro da parte di Gottardo doveva essere fatto immediatamente dopo i risultati delle elezioni regionali, proprio per evitare la paralisi che oggi caratterizza il partito».

Come immagina il dopo Gottardo?

«Non è facile trovare una soluzione, in quanto c’è una frammentazione notevolissima nel Pdl. Penso ci dovrebbe essere innanzitutto una fase commissariale, per ricominciare a far parlare tra loro le varie anime del partito, in modo da arrivare a una soluzione definitiva e congiunta».

In questo percorso che ruolo dovranno avere gli amministratori locali?

«I sindaci e gli amministratori locali in genere vanno ascoltati di più. Oggi, ciò che resta di buono delle istituzioni sul territorio è la figura del primo cittadino. Da qui bisogna ripartire, e mi pare sia una posizione condivisa un po’ da tutti».

Si è fatto un’idea sulla sconfitta patita dal centrodestra alle regionali?

«Il primo motivo della sconfitta è stato senza dubbio la bassissima affluenza, che ha fatto vincere lo schieramento con il maggior radicamento territoriale, quello sostenuto dai sindacati, dalle cooperative e dai centri di potere. Sono riusciti a portare la gente alle urne, ma con un’affluenza maggiore la storia sarebbe stata diversa. Poi sono sicuramente stati commessi altri errori, nei cinque anni di governo come nella scelta dei candidati».

Come valuta la giunta Serracchiani da sindaco di un comune capoluogo?

«Andavamo male prima e continuiamo ad andare male adesso. Tutti i capoluoghi di provincia sono stati penalizzati nell’ultima fase del governo Tondo e lo sono ora nella prima di quello Serracchiani. I tagli ai trasferimenti per i comuni capoluogo sono stati quasi del 20% contro l’11% circa per gli altri comuni. Da questo si comprende l’attenzione di cui godiamo. Senza contare che nelle variazioni di bilancio, credo per la prima volta in questa regione, non è stato destinato nemmeno un euro agli enti locali».

Della nuova Forza Italia che pensa?

«Mi pare un progetto ancora nebuloso, ma se significherà un ritorno agli ideali del 1994, quelli che mi hanno spinto a tornare in politica, ben venga».

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